A Place To Bury Strangers
Synthesizer
(Dedstrange)
noise rock, psychedelic rock, shoegaze, post-punk
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Nel panorama sempre più saturo del moderno shoegaze, gli A Place To Bury Strangers (APTBS) con Synthesizer si confermano come i dark lords del noise-rock. Il loro settimo full-length, che segue See Through You del 2022, segna una svolta decisiva nel viaggio sonoro della band newyorkese capitanata dal sound engineer Oliver Ackermann.
La nuova line-up, che vede l’ingresso di John e Sandra Fedowitz, ha portato un nuovo e fresco approccio al tipico suono degli APTBS. La produzione è una masterclass di sound engineering: il wall of sound caratteristico della band viene reinterpretato attraverso una lente più moderna, dove il routing analogico si fonde con processing digitale di alta classe.
L’opener Disgust stabilisce immediatamente i parametri sonori: distorsioni hardware spinte al limite, riverberi analogici e delay tape che creano texture dense come la pece. La title track mostra una profonda comprensione della sintesi sonora, con oscillatori analogici che duettano con processori digitali in un mix perfettamente bilanciato che aggredisce tutto lo spettro delle frequenze.
Il workflow produttivo emerge chiaramente: registrazioni effettuate nei loro studi di Queens con un approccio DIY ma professionale, dove ogni traccia è stata sottoposta a un meticoloso processo di scultura sonora. Brani come Fear of Transformation e Join The Crowd mostrano un sapiente uso della dinamica, pur mantenendo la selvaggia energia-spacca-timpani delle performance live della band. La tracklist è stata ottimizzata per garantire un ascolto naturale, con i momenti di picco strategicamente posizionati per massimizzare l’engagement dell’audience.
Synthesizer rappresenta un perfetto caso di studio su come una band possa evolversi mantenendo la propria identità. Un album che funziona dall’inizio alla fine, tanto in brani che sembrano quasi voler respingere l’ascoltatore, quanto in canzoni più smaccatamente pensate per la resa live, senza mai dimenticare quel retrogusto anni ’80 che si fa sentire in primo luogo con il rispetto dei Padri (Joy Division in testa) e con suoni che tendono a tranquillizzare l’ascoltatore disorientato dal consueto assalto alla salute dei timpani che gli A Place To Bury Strangers sanno fare come nessun altro, lasciandoci con le orecchie ronzanti ma non ancora sazi della loro musica.
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