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A Place To Bury Strangers: recensione concerto Blackout Rock Club, Roma 24 ottobre 2013

Gradito ritorno live in Italia per gli A Place To Bury Strangers: sono ancora loro la band più rumorosa di New York? Di sicuro sono una delle più sfortunate fra quelle che suonano a Roma

A Place To Bury Strangers

Roma, Blackout Rock Club, 24 ottobre 2013

live report

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Cosa ci fa nella foto il basso di Dion Lunadon appeso al soffitto del Balckout di Roma? Per rispondere a questa domanda urge un passo indietro.

Ore 22: fanno ingresso i Bambara, gruppo spalla di Brooklyn che è in tour con gli A Place To Bury Strangers. I Bambara fanno del buon noise rock, che è evidentemente correlato a quello dei loro conterranei, con una batteria che picchia duro.

Il tempo di smontare gli strumenti ed è il momento che il pubblico tanto attendeva: è il turno del trio newyorkese.

 

Ore 23: avvolti da una fitta cortina di fumo, entrano tra gli applausi gli A Place To Bury Strangers. La band parte subito sparata con uno dei cavalli di battaglia, In Your Heart. I volumi non sono eccessivamente alti, almeno non quelli di 3 anni fa: 40 minuti di noise e terrorismo alle orecchie.

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Si prosegue con You Are The One, singolo tratto da Worship, loro (pen)ultimo album. I livello sonoro qui è più alto, consono alla nominata di “loudest band in New York”. Dopo gli assordanti feedback di Deadbeat ed Ego Death (entrambi dal secondo album  Exploding Head), ecco che succede qualcosa di inaspettato: all’improvviso l’impianto audio del Blackout salta. La voce di Oliver Ackermann e il suono si sentono ad intermittenza: il gruppo prova ad andare avanti, ma ad un certo punto il leader perde le staffe. Con fendenti di chitarra abbatte prima il microfono, poi parte della batteria, fino a sbattere la sua stessa chitarra per terra. Nel frattempo Dion Lunadon fa dei buchi sul soffitto con il basso e lo lascia appeso lì, sotto gli occhi increduli del pubblico, anch’esso arrabbiato con il locale romano per l’imprevisto.

Gli A Place To Bury Strangers abbandonano il palco e le luci si accendono.

Tra il nervosismo generale un membro dello staff entra sul palco e dà la comunicazione che bisogna aspettare un quarto d’ora per risolvere i problemi, e che quindi lo show riprenderà.

In quest’atmosfera surreale, puntualmente dopo 15 minuti ricompaiono i tre newyorkesi: il problema viene aggirato cantando nel microfono del bassista. Dopo un po’ di brani (tra cui l’ottima Keep Slipping Away) il muro di distorsioni và a riposo: il concerto finisce e gli applausi sono tutti per loro.

Forse non sono la band più rumorosa di New York, ma sicuramente la più sfortunata a suonare a Roma: dopo il furto del furgone di 3 anni fa, quest’anno al gruppo è capitato anche questo spiacevole imprevisto. Gli A Place To Bury Strangers hanno tutto il sacrosanto diritto di essere arrabbiati e hanno la totale comprensione per aver fornito una performance al di sotto del loro livello.

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