A Place to Bury Strangers
A Place to Bury Strangers
(Cd, Killer Pimp/Goodfellas, 2007, 2008)
shoegaze
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Da New York con furore. E in ritardo (non per colpa loro). Ma partiamo dall’inizio. Gli A Place to Bury Strangers, nome di origine biblica che sta a indicare il terreno dove è stato sepolto Giuda Iscariota, sono attivi sin dal 2003. Dopo qualche singolo di rito, incidono le canzoni che andranno a comporre il loro primo omonimo anno nel 2005, arrivando però a trovare un’etichetta solo nel 2007 e una distribuzione europea quest’anno.
Figli e nipoti diretti di Jesus & Mary Chain, Slowdive e My Blody Valentine, non disdegnano di assorbire anche qualche cosina dai Sisters of Mercy. Ma soprattutto sono americani e se il loro cuore batte in U.K. di sicuro non lasciano passare via così gli insegnamenti di Suicide e Velvet Underground.
Ovvero, gli A Placet o Bury Strangers sono un po’ la sintesi dei due modi, sviluppati da ambo i lati dell’oceano, di fare psichedelica rumorosa.
Il loro wall of sound macina che è un piacere, le voci sono sempre ultra filtrate e l’effetto girone infernale è ben presto creato.
Se però il sound che producono non è proprio di prima mano, seppure sia frutto della casa di produzione di effetti Death by Audio, del loro chitarrista-cantante-compositore Oliver Ackermann (e che vanta U2 e Nine Inch nails tra i suoi clienti), i modelli compositivi sono meno evidenti e più originali.
Gli A Place to Bury Strangers hanno molto sale in zucca, parecchia fantasia e ci anno dentro non solo per risultare come “la band più rumorosa di N.Y.”, come da più parti sono stati definiti, ma anche e soprattutto una band attenta allo sviluppo melodico delle loro canzoni, oltre che all’atmosfera che producono.
Insomma, un gran bel disco e una band che continueremo a tenere d’occhio.
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