Then Comes Silence
Trickery
(Metropolis Records)
goth rock, post-punk, darkwave
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Se volessimo descrivere in poche parole la caratura e lo spessore artistico dei Then Comes Silence, le prime a venirmi in mente sarebbero maestria, irruenza, charme e carisma, inappuntabili su disco, straordinari on stage e chi come me ha avuto la fortuna di assistere più volte alle loro performance non potrà che darmi ragione.
Quando incontri una band capace di miglior resa dal vivo rispetto alle produzioni discografiche sei di fronte alla famosa eccezione che conferma la regola, la regola degli accorgimenti in studio capaci di minimizzare i difetti accentuando i pregi, loro non ne hanno alcun bisogno, il magnetismo di Alex, eccezionale crooner gotico fondatore del progetto nel 2012 ed unico membro sopravvissuto del nucleo originale, coadiuvato dalla precisione ritmica della batteria di Jonas Fransson e dalla chitarra magistrale di Hugo Zombie catturano completamente l’attenzione degli astanti riducendoli ad un silenzio davvero chimerico per una sala live.
A due anni di distanza dall’acclamato Hunger, la band svedese torna sul mercato con l’ennesima perla, la settima della loro carriera, parlo di Trickery appena uscito su Metropolis Records.
Queste ultime, potentissime, dodici tracce sembrano rappresentare una risposta chiara e netta alle vicissitudini interne dovute al repentino e inaspettato abbandono di uno dei membri che ha lasciato i tre superstiti in un momento di impasse superato, a quanto pare, senza morti e feriti.
È infatti la vigilia del 2022 quando impazienti di imbarcarsi nel loro primo tour statunitense per la promozione di due album stellari usciti nel periodo pandemico (Machine e Hunger) si trovano improvvisamente ad affrontare la agognata sfida in tre, costretti a chiedersi se il loro muro di suoni darkwave avrebbe funzionato allo stesso modo, la risposta è sotto gli occhi di tutti, un successo dietro l’altro, una soddisfazione crescente, tanto da convincerli a proseguire in formazione ridotta nei tour europei, americani (a supporto di Vision Video e The Bellwether Syndicate) e in studio.
Ragionevolmente l’involontaria metamorfosi li ha portati ad un approccio diverso anche nel modo di creare musica ed è proprio per questo che in soli tre giorni, al Kapsylen studio di Stoccolma, partoriscono Trickery, frutto di una crisi esistenziale capace di guidarli verso una rivalutazione preziosa della loro stessa ragion d’essere.
“Trickery”, dichiara la band “celebra l’amicizia, l’unità e il sentimento di appartenenza ad un gruppo, a una tribù, far parte di quella che molti chiamano ‘la comunità goth e post-punk’ è un grande privilegio. Naturalmente, ci sono lati oscuri ma dopo essere stati in viaggio e aver incontrato persone della scena per così tanti anni, abbiamo rilevato una comunità premurosa e accogliente. Nessuno è indenne da ansia e paura, potresti essere portato a mimetizzarti per sentirti parte di una scena, per inserirti nel gruppo, il bisogno di amicizia è forte, quindi ti adatti, forse non sempre come speravi, ma poi…quando ci armonizziamo con altre persone sentiamo un forte legame, quella sensazione non ha prezzo e l’amicizia è amore, è una cosa importante e vale la pena lottare”.
Il disco rende omaggio alla musica punk ma resta ancorato al retaggio darkwave, gothic rock, post-punk con l’aggiunta vincente di interessanti elementi elettronici di derivazione wave ’80, le solide linee di basso, le splendide linee di chitarra e l’energico backbeat punk della batteria sono infatti arricchite da suoni di synth retrò che ricordano il recente solo project wave futurista di Alex, Neonpocalypse.
Al tiro eccezionale dei due primi singoli estratti, Ride or Die e Like a Hammer, si aggiungono una quantità incredibile di potenziali hit single, la storta e malata Blind Eye che parte con un intro tribale accompagnato dalle note di una chitarra superba e si snoda tra ripartenze clamorose e ritmi frenetici, l’ossessiva The Masquerade addolcita dai meravigliosi synth in horror style, l’acida e martellante Stay Strange che profuma di Ramones e la portentosa Never Change, traccia extra lusso ricca di repentini cambi di tempo e ambientazione dominata da un Alex in vero stato di grazia.
Ed ancora il turbolento punk attack di Dear Friend, le dilatazioni ipnotiche di Feel the Cold e gli affascinanti intrecci vocali di Tears and Cries stesi su un tappeto ruvido, compatto ma al contempo melodico, in pratica un gioiello.
Trickery è un disco che non smette di sorprendere fino alla fine perché proprio sul finale spara le cartucce più pregiate, parlo di Runners, piccolo capolavoro di stile, traccia tonda dal tiro straordinario, splendidi i synth, sezione ritmica da manuale e linee vocali efficacissime, chiude Ghost House e mi domando perché i Then Comes Silence non si mettano più spesso all’opera su brani intimi e introspettivi come questo, avvolgente, intenso, morbido e intenso, una pseudo ballad a due voci dalle tinte malinconiche con finale a sorpresa che ricorda il the end televisivo, è come se venisse staccato il cavo di alimentazione e la musica finisse per cause di forza maggiore non certo per mancanza di idee, suona insomma come un invitante to be continued mentre in testa girano in loop le parole di un testo oltremodo riflessivo…”Pezzi sparsi qua e là, i giorni e le notti si sono trasformati in polvere, sulle loro labbra e nella loro testa, nient’altro che un vago ricordo, spazi vuoti, tutti in palio, aspettative e battaglie sono andate perdute, persone care, animali domestici e premi di consolazione, voci sussurrate dietro muri marci…”
Registrato da Jörgen Wall (Jay-Jay Johanson, The Hellacopters), mixato da Tom van Heesch (Rammstein, Apocalyptica, Backyard Babies) e masterizzato da Svante Forsbäck/Chartmakers (Rammstein, Amaranthe, Ville Valo, The Rasmus, Apocalyptica), Trickery conferma i Then Comes Silence come baluardo del gothic rock dei nostri tempi.
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