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O.R.k.: la recensione di Screamnasium

Non ci si emozionava così tanto da tempo immemore e grazie agli O.R.k. abbiamo capito che vi è ancora speranza di trovare musica di qualità che ha nel suo DNA la forza di poter durare nel tempo e rimanere immortale.

O.R.k.

Screamnasium

(K-Scope)

alt-rock

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Avete presente quando correva in sella alla gloriosa Bianchi il mitico Fausto Coppi e vinceva per distacco, dando minimo dieci minuti di ritardo ai suoi avversari? Roba che si era già lavato e cambiato quando i rivali terminavano la corsa? Ecco, facendo una trasposizione musicale su quella che era la realtà degli anni cinquanta nel ciclismo mondiale, si può tranquillamente affermare che il nuovo lavoro degli O.R.k. stravince in ciabatte il confronto con tutto quello che è uscito a livello discografico in questo frenetico 2022.

Questo supergruppo, in cui sono coinvolti Lorenzo Esposito Fornasari a.k.a. LEF (voce solista), Pat Mastelotto dei King Crimson (batteria), Colin Edwin ex-Porcupine Tree (basso) e Carmelo Pipitone dei Marta Sui Tubi (chitarre), ha inanellato dieci perle consecutive che si muovono tra sonorità grunge in stile Temple Of The Dog e purissimo alternative alla A Perfect Circle.

Ne esce fuori un lavoro immediato e godibilissimo in cui a fare la differenza è il cantato di LEF, che è il giusto mix tra il Chris Cornell dei bei tempi, Jeff Buckley e, in alcuni casi, il nostro Max Zanotti.

Si capisce da subito come stanno le cose con l’iniziale As I Leave che parte in modo lento per poi esplodere con un ritornello in cui le vette raggiunte dal cantante nostrano sono inarrivabili per chiunque.

 

La band che suona con lui è composta da musicisti straordinari con una coppia ritmica che in pochi possono vantare di avere e con Carmelo Pipitone che si rivela una perpetua macchina da riff.

La nostra Elisa, un’altra che con la voce fa quello che vuole, deve superarsi per essere al passo con LEF nella bellissima e introspettiva Consequence in cui si odono echi di Jeff Buckley.

Unspoken Words, con quei suoi sobbalzi sonori alla The Mars Volta, si apre clamorosamente in sede di ritornello dando profondità ad una canzone tra le più belle del lotto insieme alla stratosferica Lonely Crowd che avrebbe fatto la sua figura se fosse stata scritta da una band di Seattle negli anni d’oro.

Non ci si annoia mai mentre si ascolta Screamnasium, perché ogni volta si riesce a scoprire un particolare o un qualcosa in più che non si era percepito in precedenza. Come si può essere o rimanere indifferenti alle note quasi blues di I Feel Wrong o alla delicatezza di una Something Broke che potrebbe essere tranquillamente utilizzata come singolo da passare in radio?

Sinceramente è difficile trovare punti deboli in un album di questo tipo dove ogni cosa funziona bene e dove vi è un cantante che riesce a superare ogni limite di espressività e di emotività, al contrario di tanti suoi colleghi che sembra cantino in ciclostile.

Per chiudere segnaliamo la conclusiva e introspettiva Someone Waits che ricorda tanto il primo Jeff Buckley.

Non ci si emozionava così tanto da tempo immemore e grazie agli O.R.k. abbiamo capito che vi è ancora speranza di trovare musica di qualità che ha nel suo DNA la forza di poter durare nel tempo e rimanere immortale.

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