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Rough Enough: recensione di Che La Testa Ti Sia Lieve

Con Che La Testa Ti Sia Lieve, i Rough Enough ci danno una scossa di adreanalina e picchiano duro dall'inizio alla fine.

Rough Enough

Che La Testa Ti Sia Lieve

(Mackie Records)

rock

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I catanesi Fabiano Gulisano (chitarra, voce e testi) e Raffaele Auteri (batteria e cori), che altro non sono che i Rough Enough, per il loro nuovo disco, Che la testa ti sia lieve, si sono avvalsi della produzione di Franz Valente (Il Teatro degli Orrori e One Dimensional Man) per  dare una certa direzione a questo platter.

Dal summenzionato punto di incontro, infatti, dobbiamo partire per capire cosa c’è dietro questo album che è una specie di scossa adrenalinica in cui il duo picchia dall’inizio alla fine senza soluzione di continuità.

Le chitarre sono tremendamente ruggenti e risultano essere il motore trainante di questo lavoro nel quale i testi di Gulisano non risultano, per usare un eufemismo, molto dolci.

Le melodie appaiono rarefatte e di difficile captazione come dimostrano Excrucior, Irrisolti (che paga dazio ai seminali Helmet) e Fragile.

Ci sono anche momenti più cupi, che coincidono con una certa facilità di ascolto, come si nota nell’arpeggiata Nel Mio Dimenticatoio che non esplode come ci si aspetterebbe.

Tutt’altro discorso lo si può fare per Parabellum, una botta tosta e secca che non dovrebbe mancare nelle esibizioni live del duo.

In Ubi Maior Minor Cessat si trova al basso Ufo che tutti conoscono per la sua militanza negli Zen Circus.

Per Difetto, invece, ha come capisaldi i riferimenti della scena hardcore di Washington che sembrano aleggiare come dei fantasmi durante l’intera durata di questo disco per nulla semplice e molto ostico da un punto di vista dell’approccio sonoro. Una scelta che pare voluta e studiata nei minimi particolari, con tanti saluti a chi non è d’accordo con i Rough Enough.

 

 

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Francesco Brunale
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