Muschio
Acufene³
(I Dischi del Minollo, Tutto il Nostro Sangue, Taxi Driver Records, Muratore Noise)
post-hardcore, noise, post-rock, post-metal, techno
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A distanza di sei anni dal precedente LP Zeda e con alle spalle un’intensa attività live al fianco di band come Appaloosa, Ottone Pesante, Bologna Violenta e Uochi Toki, il trio strumentale post-hardcore Muschio manda alle stampe il suo terzo album intitolato Acufene³, edito per una cordata di etichette indipendenti quali I Dischi del Minollo, Tutto il Nostro Sangue, Taxi Driver Records e Muratore Noise.
Il progetto verbaniese Muschio – fondato nel lontano 2012 da Fabio Poggiana alla chitarra, Rino Sorrentino alla batteria, percussioni, voce e Alberto Corsi alla chitarra e rumori – riparte dal ronzio acufenico del presente per andare alla riscoperta di quelle radici hardcore e alternative metal di fine anni ’80 e primi anni ’90 che hanno reso celebre la scena underground piemontese, sia in ambito nazionale che oltreconfine.
All’interno di questa nuova pietra autorale – rigorosamente strumentale, eccezion fatta per la canzone FFF – il tridente Muschio scolpisce e scandisce otto tracce dense, lisergiche e travagliate, tra cui il brano Dave Cocks, in memoria di Dave Cocks alias Davide Galli, musicista dei Throw Down Bones, deceduto tre anni fa in un incidente stradale.
Un Moloch sonico e policromo di proporzioni cosmiche, un trip visionario mediante il quale i Muschio, conservando il proprio trademark identitario, tornano a ronzare e ad amplificarsi al cubo sulla contemporaneità, consolidando la propria sinergia chimica e quel bisogno epidermico di affacciarsi dal proprio eremo lagunare per osservare le distorsioni sociali dell’attualità, e al contempo evadere da essa.
Acufene³ si manifesta attraverso un vortice di loop persistenti, ritmiche percussive synth-techno e una macelleria messicana di sonorità ossessive, dissonanti, magnetiche, disturbanti, oblique e angolari: un saliscendi emozionale carico di perturbazioni atmosferiche dalla consistenza oscura, greve, narcotica, allucinata e nebulosa, che collidono con l’incanto paesaggistico che caratterizza le scenografie naturali di una località come Verbania.
Composizioni che, da un lato, rimandano alle deformazioni cianotiche del noise-hardcore, e dall’altro aderiscono a certo percussionismo esoterico e tribale, per poi dilatarsi verso le deflagrazioni corrosive e drammatiche del post-metal e le suggestioni geometriche del post-rock, insieme a fruscii, sibili e contaminazioni foniche dagli afosi e sgargianti riflessi mediorientali.
Passando per le linee dell’alta tensione di tralicci elettrificati e i substrati fangosi dello sludge, i Muschio affrontano il rumore acuto e cronico che investe una contemporaneità in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, dove il senso della collettività, ormai destinato alla deriva egemonica della cultura individualista, sta assumendo sempre più le sembianze ideologiche di un califfato islamico.
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