Kevin Morby
This Is A Photograph
(Dead Ocean)
folk acustico, rock & blues, country, spoken word, alt-folk, jingle jangle, slack folk
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A distanza di due anni dal successo di Sundowner, Kevin Morby torna sulle scene con il settimo album della sua carriera solista intitolato This Is A Photograph, edito per Dead Ocean e anticipato dall’uscita della titletrack.
Prodotto da Sam Cohen, il nuovo take discografico del trentaquattrenne cantautore folk statunitense – nato in Texas e cresciuto in Kansas – si avvale della presenza di un ampio cast di collaboratori: Nick Kinsey alla batteria, Oliver Hill al pianoforte, Cochemea Gastelum al sassofono, Jared Samuel all’organo, Eric Johnson al banjo, Alecia Chakour alla voce e tamburello, Makaya McCraven alla batteria, oltre alla partecipazione della madre Meg e della sorella Charlotte agli archi.
Le dodici tracce che compongono questo nuovo e itinerante componimento emotivo partono da un microcosmo familiare, da esperienze di vita reale per descrivere uno spaccato autobiografico, radicato nella propria identità affettiva e nelle complicanze esistenziali che quotidianamente mettono a dura prova la sfera dei legami sentimentali: quello di Kevin Morby è uno sguardo disincantato, intimo, poetico, malinconico, agrodolce e riflessivo sulle battute d’arresto e le lotte contro quel peso massimo che è il tempo (“now time’s the undefeated, the heavyweight champ, laughing in his face, as it dances like Sugar Ray”), sulla caducità dei rapporti interpersonali, lo stato di apprensione che aumenta con l’avanzare dell’età, le speranze infrante sotto il sole del Texas occidentale e del Tennessee, insieme a tutto ciò che resta di quel vecchio sogno a stelle e strisce.
Rielaborando il suo linguaggio scritturale, nel tentativo di dare nuove forme alla musica della tradizione country folk americana, Kevin Morby si immerge nell’illusione proletaria di trasformazione di un’America rurale che di fatto non c’è più (di un mondo che non c’è più), nella genuina fertilità di quei territori del Midwest tagliati in due dal fiume Mississippi, in quelle ambientazioni ruvide, scarne e rustiche, dove la solitudine e l’ispirazione per gli spazi aperti vengono vissute come condizioni uniche.
Suoni e parole che, come finestre, si affacciano sulla mondana normalità del presente e al contempo sulle mancanze del passato, oscillando su uno spartito multi-strumentale e orchestrale fatto di momenti catturati dietro una telecamera analogica. Aprendosi a una nuova stagione della vita, pur mantenendo intatta una indolente idiosincrasia nei confronti della contemporaneità, Kevin Morby riesce a trasmettere un messaggio visivo, oltre che musicale, attraverso vecchie polaroid raccolte in vecchi scatoloni e un collage di fotografie e cornici appiccicate su una carta da parati dai colori vintage, dove si intrecciano ricordi, passioni e nostalgia, rammentandoci di quando eravamo giovani, forti e pieni di fiducia, e che il tempo è un nemico invincibile.
È così che in quelle immagini e in certe canzoni, noi viviamo per sempre e invecchiamo, intrappolati nel ring del tempo, sospesi tra il rimpianto e l’amore, tra realtà e sogno, tra le onde emozionali – quando brusche e quando addolcite – del proprio vissuto, coi bei tempi ormai alle spalle. Eh sì, perché “i bei tempi non li fanno più come una volta, sono passati di moda”, rimanendo aggrappati alla metafora di quelle luminose lanterne volanti che sparivano in lontananza, nel cielo notturno, come quel barlume negli occhi che oggi è sempre più sottile e incerto.
This Is A Photograph si sviluppa su un distillato di linee sonore e atmosfere in chiave folk-blues-country, dal groove percussivo folk-funk & blues della titletrack al delicato e raffinato jingle jangle delle ballad It’s Over e Bittersweet TN, impreziosite rispettivamente dal controcanto di Cassandra Jenkins e dalla voce in duetto con Erin Rae.
Richiamando quel gradevole e carezzevole registro di tessuti armonici e minimalisti dal mood pastorale, Kevin Morby si prodiga nell’intento di omaggiare la memoria di quelle influenze che lo hanno accompagnato durante il suo percorso di crescita personale e professionale: dal ricordo di Jeff Buckley nelle nenie ipnotiche di Disappearing (“se scendi a Memphis, per favore, non andare a nuotare nel fiume Mississippi, se devi, se lo fai, togliti la giacca e togliti gli stivali”) e di A Coat Of Butterflies, a quello per Jay Reatard nel rock & blues stonesiano e super-catchy di Rock Bottom, finendo per citare leggende della musica soul quali Otis Redding e Tina Turner, del baseball come Mickey Mantle e della cinematografia statunitense in Five Easy Pieces, cult movie degli anni ’70 interpretato da Jack Nicholson.
Un ponte tra modernità e retrò, che da un lato abbraccia la freschezza del folk moderno boniveriano, e dall’altro ripercorre quei solchi calligrafici già tracciati da personaggi del calibro di Lou Reed, Bob Dylan, Leonard Cohen, Beatles, John Lennon e Bruce Springsteen, ma senza assecondare le facili scorciatoie dell’emulazione. A fare da collante epidermico all’interno di ogni stanza della release, troviamo quella consueta leggerezza slacker – dal timbro tremolante e vibrante – del musicista texano, combinata a un magnetico spoken word dagli echi loureediani e dylaniani.
This Is A Photograph rappresenta uno di quei reperti musicali da tenere stretti a sé e che un giorno osserveremo con lo stesso pathos con cui si guarda una vecchia foto che avevamo dimenticato in qualche cassetto, come uno degli ultimi atti casuali di gentilezza (A Random Act of Kindness) sopravvissuti alla tassidermia delle stagioni, non come un addio, ma semplicemente al pari di un incoraggiante arriverderci.
Che poi, in fondo, per dirla alla Billy Joel: “I tempi andati non sono stati sempre positivi ed il futuro non è così male come sembra”.
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