Søren
Ultima Necat
(Lost Generation Records)
nu-new wave, electro
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Nella vita tutto passa, tutto scompare e solo in casi particolarmente fortunati risorge sotto forme diverse, chissà che questo non possa essere il destino dei Søren giunti al momento del commiato dopo aver scritto pagine importanti per la musica indipendente italiana.
Nel loro intenso e commovente canto del cigno, Ultima Necat si respira un clima estremamente malinconico, sentimento tipico e condivisibile che accompagna da sempre gli strappi, gli abbandoni e le chiusure definitive di un ipotetico sipario.
Matteo Gagliardi, cuore pulsante della formazione, descrive in poche battute il significato intrinseco del full-lenght: “a volte i loose ends sono destinati a rimanere tali. D’altra parte trovo molto calzante che un disco sulla morte sia anche l’ultimo di questo progetto artistico. Forse doveva andare proprio così”.
Ed è infatti la morte il tema portante del disco, profondo ed intellettuale a partire dal titolo stesso preso da una frase di Seneca il Vecchio incisa sulle meridiane, Omnes feriunt, ultima necat (tutte feriscono ma l’ultima (ora) uccide”.
Il terzo ed ultimo capitolo di una trilogia che include il debut album Stargazing e Bedtime Rituals è nettamente diviso in due parti, nella prima intitolata semplicemente Ultima Necat, il terzetto superstite costituito da Matteo Gagliardi (voce/synth/programmazioni), Diana D’ascenzo (voce/chitarre) e Fabio Fraschini (basso/mix/mastering) si trova alle prese con i quattro brani di un elaborato più ampio, responsabili di aver determinato la disgregazione del progetto, mentre la seconda, …With a little help from our friends, abbraccia la collaborazione di altri musicisti, i compagni di etichetta Anna Soares e Max Varani (Venus in Disgrace) nella reinterpretazione di due brani, Gianluca Divirgilio (Arctic Plateau), voce, chitarra e testo in Terapia Intensiva e Fabio Fraschini (Novembre, Milano 84, Starship 9, Six Days on Mars) nella splendida Le Ragazze di Selargius.
L’apertura è affidata ad Everything Is Falling Apart (So Below As Above), canzone manifesto su base elettrificata dove con un’alternanza di voci si racconta il dialogo tra una persona affetta da depressione e un Dio cattivo intento ad annullarla, segue la centratissima title track, riflessione ironica sul nostro mondo instabile e depresso tra guerre e pandemie nella quale eccelle un assolo di chitarra lievemente retrò incatenato ad un sound in totale controtendenza.
Poi arrivano le ballad e si viaggia su estensioni sonore di estrema aulicità, You Shall Perish!, ispirata all’assunto biblico per il quale le colpe dei padri ricadranno sempre sui figli, travolge come una ninna nanna necessaria e rassicurante impreziosita dal gran finale in spoken words, mentre The Dead Land, ripresa da The Hollow Men di T.S.Eliot, scolpisce il testo su un tappeto sonoro dilatato e sognante malgrado non tratti tematiche amorose, si parla infatti di uomini vuoti, privi di personalità, uomini incapaci di stare in piedi da soli “Siamo gli uomini vuoti, siamo gli uomini impagliati che appoggiano l’un l’altro La testa piena di paglia. Ahimè! Le nostre voci secche, quando noi insieme mormoriamo Sono quiete e senza senso come vento nell’erba rinsecchita o come zampe di topo sopra vetri infranti… coloro che han traghettato con occhi diritti, all’altro regno della morte ci ricordano – se pure lo fanno – non come anime perdute e violente, ma solo come gli uomini vuoti, gli uomini impagliati..”.
Con uno stato d’animo di estremo turbamento si entra a piccoli passi nel secondo scomparto ricco di input sorprendenti, la rivitazione di You Shall Perish! Reprise feat. Max Varani, è un climax che sembra ascendere ma al contrario rimane sospeso nelle straordinarie linee vocali imbrigliate tra le note di un piccolo capolavoro e Le ragazze di Selargius, una pietra preziosa, un sogno ad occhi aperti, un vero e proprio incanto auditivo prodotto dalla sovrapposizione armonica ai confini del chillout.
Terapia Intensiva, ultima perla del disco e della storia dei Søren, racconta la morte senza alcun compromesso, con la certezza della fine contemplata fin dall’inizio si chiude questo lungo viaggio iniziato con Reaching (Stargazing – 2017) “Everything will end, but we are just at the beginning”.
Ultima Necat lascia il segno, non può nemmeno definirsi un disco di canzoni perché vola decisamente più in alto, vaga infatti tra le concezioni subliminali dell’intelletto e le reminiscenze culturali di un collettivo davvero prezioso, concettualmente elevato, alla ricerca intancabile di qualcosa che vada oltre le consuete fasi creative di un artista, qui insomma, trovate un mondo intimo e complesso da esplorare e forse capire, ci mancheranno i Søren, ci mancheranno molto.
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