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Bennet & Teleterna: recensione

È uscito in contemporanea il nuovo lavoro dei Bennett e dei Teleterna. Due declinazioni del verbo rock per chi non cerca le facili melodie.

Bennet & Teleterna

(To Lose La Track)

rock

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bennet-teleternaÈ uscito in contemporanea il nuovo lavoro dei Bennett e dei Teleterna. I primi sono una band nata dall’incontro tra alcuni musicisti di Chambers e Disquieted By ed il loro album è stato registrato da Luca Matteucci al Red Room Studio di Pisa e mixato da Jonathan Nunez (Torche) al Sound Artillery studio di Miami.

I secondi, invece, sono una banda nuova formata da vecchi membri di Dummo e Verme ed il loro disco d’esordio viene definito in sede di presentazione come “un bad trip wave punk verso la fine del mondo“.

Andando più nello specifico, la proposta dei Bennett è molto noise, con grandissimi influssi di post rock. In realtà quello che viene fuori da questo pugno di canzoni, che sono decisamente molto dure e granitiche, è la presenza, quasi come fosse un fantasma che controlla le movenze della band, dei Cave In più selvaggi (non prendete in considerazione quelli del fantastico album Antenna che li portò ad un passo dal successo mondiale). Non vi è un momento di pausa nei solchi di queste canzoni, così come non vi è un cambio di registro e questo rende l’ascolto ostico e scorbutico.

Molto meglio è il registro adottato dai Teleterna che, intanto, usano l’idioma italiano all’interno dei loro brani. Non è musica facile neanche questa, ma ci sono più variazioni sul tema. Di sicuro l’influenza di un certo rock inglese dei primi anni che si incontra con certe soluzioni tipiche dei gruppi della Touch And Go si avverte in modo inequivocabile.

Il suono è molto asciutto e le chitarre hanno quelle distorsioni che tanto andavano nell’indie di venticinque/trenta anni fa.

Poco inclini alle melodie facili, ma piuttosto vicini a soluzioni trasversali, i Teleterna giocano molto sulla loro capacità di sapere cambiare pelle all’interno di ogni singolo pezzo e questo li rende originali e interessanti. Manca, probabilmente, una propensione all’orecchiabilità della loro musica, ma questa sembra essere una scelta voluta, proprio per rendere prezioso il loro prodotto.

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Francesco Brunale
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