Piers Faccini
Shapes of the Fall
(Nø Førmat!/Beating drum)
folk, world music
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Mai come in questo periodo stanno uscendo tanti album che rispecchiano non solo i tempi incerti in cui stiamo vivendo, ma soprattutto il tumulto emotivo a cui siamo soggetti. E Shapes of the Fall, ultima fatica dell’artista anglo-italiano Piers Faccini, ne è uno splendido esempio. Tredici tracce che ci portano a interrogarci, in una profonda introspezione, su cosa vogliamo fare del tempo che ci resta e del ritmo che vogliamo dare alle nostre giornate.
Shapes of the Fall prende idealmente spunto dal libro di Marquez “Un signore molto vecchio con certe ali enormi”, nel quale l’autore riflette sulle opposte sfaccettature della natura umana, come se fossero due facce di una moneta che cade di volta in volta sul lato della crudeltà o della compassione. E con lui Piers Faccini si chiede quale aspetto umano prevarrà sull’altro. E se il pezzo di apertura They will Gather no Seed sembra non lasciarci molta speranza, in realtà con il passare dei minuti e delle canzoni si viene travolti da un saliscendi di emozioni che ci portano verso il baratro per poi elevarci, nella profonda convinzione di una possibile rinascita.
Questi sentimenti contrastanti ma paralleli nella narrazione sono l’espressione del songwriting di questo artista, sempre più orientato alla creazione di un ponte interculturale, in grado di collegare l’Europa con il Nord Africa e il Vicino Oriente. Parole che insieme ai suoni di queste terre contribuiscono a creare il ritmo di questo disco, che prende spunto dagli ultimi baluardi della musica trance per portarci in giro per il Mediterraneo. Un viaggio mentale ma anche fisico, tangibile nella scelta degli strumenti usati, dagli archi al tamburello, al qraqeb, fino a un ibrido fretless tra chitarra e oud, creato appositamente per Faccini. Tutto in questo album ci fa sentire in balia delle onde.
Come in All board, narrazione distopica del mito del diluvio. Il brano, che vede la partecipazione degli unici due ospiti, il cantautore californiano Ben Harper e il cantante marocchino Abdelkebir Merchane, è un inno alla speranza e una richiesta di benedizione e guarigione.
Traccia dopo traccia, Piers Faccini ci mette davanti alla realtà della nostra natura, alla disperazione della nostra condizione e alla necessità di risorgere da queste ceneri. Nella ciclicità di questo lavoro, che si apre con gli stessi suoni con cui si chiude, ripercorriamo l’andamento della nostra vita e ci troviamo a farci domande per le quali l’autore stesso non pretende di dare alcuna risposta. Ma che di sicuro ti restano dentro come un tarlo, come ogni singola nota di questa opera intima e profonda che accompagnerà i nostri viaggi e le nostre riflessioni a venire.
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