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Antonello Salis and Joey Baron: Keys and Skin

Ecco cosa accade quando due tra i maggiori esponenti contemporanei del linguaggio jazzistico fondono le loro energie per la realizzazione di un album; ecco cosa accade quando Joey Baron, batterista statunitense con un curriculum da gigante, incontra Antonello Salis, pianista sardo protagonista fin dagli settanta di un personale e anticonvezionale percorso musicale; quello che accade è Keys and Skin

Antonello Salis and Joey Baron

Keys and Skin

(Cd, CamJazz, 2008)

jazz

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Registrato all’Artesuono Recording Studio di Cavalicco (Udine) per l’etichetta CAM Jazz l’album è pura espressione dell’arte dell’improvvisazione: i due musicisti entrano assieme nella traccia, la calpestano per poi fuggire, rincorrersi, sfidarsi, inseguirsi ed infine ricongiungersi. Si ha sempre l’impressione di un fluire spontaneo, un divenire musicale che si sviluppa durante l’ascolto grazie ad un continuo scambio di emozioni.

Estro e passione sono sicuramente tratti distintivi del pianista sardo che sa creare, divertire e spiazzare con trovate fantasiose e sempre aperte alla sperimentazione. Non è certo da meno Baron che punteggia ogni nota con maestria caratterizzando, traccia dopo traccia, l’intero album.

Il primo brano, Agora, sembra volerci accompagnare gradualmente nell’universo Baron-Salis con una melodicità che viene bruscamente meno nella traccia successiva, Eastern, simile ad una tela astratta colpita da schizzi di fervidi colori.

Tamburi suonati con le mani e ritmo incalzante sono alla base di Hands for Dance (come lascia intuire lo stesso titolo): il dialogo si fa serrato, non ci sono pause né cali di tensione, un unico respiro trattenuto dall’inizio alla fine della traccia.

I quasi otto minuti di Worldwide sembrano suggerire una vastità spaziale, oltre che temporale, in cui si alternano molteplici ritmiche frammentate, una sorta di specchio della varietà che attraversa la vastità della terra.

Destrezze, azzardi, raffinatezze e giochi di stile sono disseminati lungo le restanti tracce dell’album. Baron percuote ogni genere di strumento e Salis si avventa su tasti e cordiera del pianoforte passando con naturalezza da uno spazio all’altro.

Nel brano che chiude l’album, Openspace sentiamo riecheggiare, stemperati in un ambiente ampio e vuoto, tracce delle sonorità che ci hanno accompagnato durante l’ascolto dell’intera opera, suoni che a poco a poco si spengono e si ritirano dopo un’esperienza intensa e profonda.

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Martina Bernareggi
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