Bushi
The Flawless Avenger
(Infinity Entertainment)
rock, progressive rock
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Ci sono tanti gruppi che in un modo o in un altro, o nel bene e nel male, assomigliano ad altri gruppi che li hanno preceduti. È la storia che si ripete, gli Oasis che si rifanno ai Beatles, i Pearl Jam agli Who, Bob Dylan che si rifà a Woody Guthrie che è stata fonte d’ispirazione anche per Bruce Springsteen e potrei andare avanti all’infinito, ma la verità, per quanto amara, è questa.
Le note sono sette e le combinazioni non sono infinite, eppure ogni tanto ci s’imbatte in qualcosa di mai sentito, di non classificabile, che non rimanda a nulla di precedentemente ascoltato. E così le tue certezze, fino a un attimo prima, solide come querce, si dissolvono nel giro di pochi minuti.
È il caso dei Bushi e del loro secondo album The Flawless Avenger.
I Bushi nascono da un’idea di Alessandro Vagnoni che dopo aver militato in diversi gruppi, fonda i Bushi che pubblicano nel 2017 il loro omonimo debutto che è stato caricato sul portale Bandcamp. Successivamente la band modifica la sua line up e torna “in pista” con questo nuovo lavoro che, come dicevo all’inizio, si differenzia per originalità senza rifarsi a nessuno, merce rara di questo periodo.
L’album, a primo ascolto, risulta un po’ ostico e poco incline all’udito italico, un lavoro che vive di luce e di tenebra, in un connubio che a mano a mano, ascolto dopo ascolto, ti cattura e non ti abbandona più.
Hagakure è la prima traccia dell’album, un pezzo strumentale che andrebbe beni nei titoli d’apertura di un film di Sergio Leone o di Quentin Tarantino, un brano che però tradisce quello che verrà dopo. Infatti, con Masters of the Sword, la musica cambia e i Bushi svelano la loro vera identità fatta di rock, di progressive con qualche sporadico episodio di metal, come nel caso di Bravery (a mio modesto parere) il brano più bello dell’intero lavoro e forse perché ci ho trovato qualcosa alla Faith No More (che non è poco).
A man from China è un brano che stupisce anche perché potrebbe essere una rilettura del brit pop alla Blur, ma è solo un’impressione perché i Bushi hanno una loro identità ben precisa e tutto il lavoro si sviluppa fino ad arrivare alla fine con Late Night Idle talk che starebbe benissimo nei titoli di coda di Kill Bill.
Il tema o meglio l’immaginario iconografico dell’album è sicuramente il Giappone e in particolar modo l’epopea dei Samurai, dove fierezza, onore, bellezza, crudeltà, prestigio e disonore erano capisaldi per farne parte. Alessandro Vagnoni con i suoi testi scritti come se fossero dei componimenti tipici della poesia nipponica, ci trasporta in un mondo, forse poco conosciuto, ma che è ricco di fascino e mistero.
Musicalmente è stato fatto un lavoro impressionante sulle chitarre accordate in maniera non classica e sulla base ritmica che stupisce per potenza e precisione. Anche l’utilizzo di un sax arricchisce con un sound inedito e originale per un lavoro di questo genere. La voce di Davide Scode riesce ad interpretare ogni brano in maniera diversa e adeguata al tema.
All’album è allegato anche un libro illustrato contenente i testi dell’album, che aiutano meglio a entrare in confidenza con questo mondo creato dai Bushi.
In conclusione, un lavoro originale che non si rifà a nessuno e ribadisco ancora che questi tempi hanno bisogno di originalità che purtroppo è merce molto rara.
Bushi su Facebook: https://www.facebook.com/BushiOfficial
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