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Artificial Waves: The Complexity of Simple

Gli Artificial Waves arrivano fuori tempo massimo a (ri)masticare la materia del post-rock. The Complexity of Simple è consigliato solo ai fan duri e puri del genere,

Artificial Waves

The Complexity of Simple

(Fluttery Records)

post-rock

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Artificial Waves- The Complexity of SimpleUna band russa che suona post rock da tanti anni e con una serie di esperienze importanti. Fatta questa sintetica introduzione, in antitesi con la prolissità della band, gli Artificial Waves, al tramonto di questo denso 2019, danno alla luce il loro quarto lavoro, The Complexity of single, che è un’opera totalmente strumentale.

La proposta della band dell’ex Unione Sovietica è molto complessa.

La mancanza di cantato, questa è una premessa importante, non rende merito a delle idee che sarebbero state eccelse se ci fosse stato un vocalist degno di tal nome dietro ad un normale microfono.

Dopo una intro abbastanza lunga, parte Northern Lights, piena di chitarre e tastiere molto cupe. E’ una suite, più che una canzone, molto pesante che si basa su un forte mid tempo di batteria.

Decompression si stagna su atmosfere più tranquille che poi esplodono con i chitarroni che fanno la loro figura. L’idea del brano è davvero interessante, ma si sente che la mancanza di un cantante rischi di appiattire e rendere monotono l’ascolto.

Stesso discorso vale per Whale noises che sembra davvero un pezzo oceanico che ben si sposa con le atmosfere ed i paesaggi autunnali di questi periodi.

La conclusiva e sognante Whatcing the stars chiude un lavoro consigliato ai cultori inossidabili della materia chiamata post rock. Per tutti gli altri è opportuno virare verso lidi diversi e decisamente più accessibili, rispetto a quelli proposti dai moscoviti.

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Francesco Brunale
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