Joe Bastianich:
AKA Joe
(Universal Music Italia)
rock, country
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AKA Joe non è il nome di uno dei ristoranti dell’imprenditore italo-americano Joe Bastianich, bensì il titolo del suo primo album.
Già frontman e chitarrista del gruppo The Ramps, Bastianich, che si è recentemente messo in gioco nel programma televisivo Amici Celebrities, intraprende la carriera solista con questo disco uscito per la Universal.
Dagli studi di Masterchef a quelli di registrazione, il simpatico Joe, ormai noto personaggio televisivo, ci presenta questo lavoro di 12 tracce, per lo più autobiografiche, ispirato dai grandi del rock n’ roll che lo hanno accompagnato per tutta la sua infanzia e adolescenza.
Ispirato e basta, perché le tracce sono un po’ come i piatti dei concorrenti del noto show culinario televisivo, ovvero dei buoni assemblaggi di sapori ed esperienze, messi insieme da un dilettante, senza per forza dare una connotazione negativa a questo termine.
Mr. Bastianich sa benissimo di non essere un professionista del settore, ma mette se stesso e tutta la sua passione per la musica in questo disco, con un risultato scontato, ma tutto sommato gradevole.
Dal funky di Make Up Your Mind, al country di Forever (Is a Long Time) e Take Me Down, quest’ultima decisamente orecchiabile, c’è spazio anche per temi delicati come le conseguenze dell’incontrollata vendita delle armi da fuoco negli Stati Uniti, raccontate nella ballad Twenty Snowflakes.
What Is a Man è un funky blues alla Lenny Kravitz, di cui è apprezzabile l’assolo di chitarra. Nonna (97 Years) è una soffice ballad, quasi una ninna nanna, un chiaro omaggio alla sua italianissima Grandma; il pezzo non è granché, ma non è a noi che è rivolto e quindi va bene così.
Prey On Pain è un bel brano, che ricorda un po’ i Led Zeppelin, un po’ i Foo Fighters, un po’ i Beatles.
L’intenzione e lo scopo di AKA Joe sono però racchiusi nella seconda traccia, Joe Played Guitar, nella quale Bastianich parla di come la chitarra lo abbia aiutato nella sua adolescenza vissuta a New York come figlio di immigrati, in quell’America che si mostra tanto multietnica, quanto ancora piena di contraddizioni e barriere socioculturali.
In conclusione, se l’ex giudice di Masterchef non fosse stato il personaggio famoso che tutti conosciamo, sarebbe riuscito ugualmente a pubblicare questo disco con una major? Naturalmente no, ma non mi sento di incolparlo per questo. In fin dei conti, siamo solo davanti ad un uomo che ha realizzato un sogno, senza fare del male a nessuno e con un risultato sicuramente migliore di tanti lavori recenti firmati da nomi più blasonati ed esperti. D’altronde, nell’era in cui i cuochi amatoriali riscuotono lo stesso successo di quelli stellati, non c’è di che stupirsi.
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