Pixies
Beneath the Eyrie
(BMG/Infectious)
alternative rock, garage, indie-rock
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Los Surfers No Estan Muertos. È vero, i Pixies non potranno più cavalcare la lunga onda post punk del meraviglioso decennio degli ’80, ma possono ancora concedersi un altro giro di diving, magari in una baia meno profonda.
Dopo il comeback del 2014 con Indie Cindy, seguito da Head Carrier nel 2016, i Pixies tornano con una nuova release dal titolo Beneath The Eyrie.
Eviterei l’effetto nostalgia chiamando in causa album seminali come Surfer Rosa, Bossanova e Doolittle: sarebbe ingeneroso. Del resto, c’è chi, ancora oggi, rimpiange la Prima Repubblica.
Beneath The Eyrie, composto da 12 brani, è un disco che sprigiona il caratteristico sound Quiet & Loud dei Pixies, il solito cantato sornione del leader, frontman e cofondatore Black Francis, e sonorità new wave gothic che si mescolano a riff distorti ed involontariamente pop.
I Pixies, padrini del grunge e antidivi per eccellenza, continuano ad esplorare territori sonori non convenzionali, dimostrando, ancora una volta, di saper sguazzare nella loro comfort zone weird, in maniera semplice, dinamica e surreale.
Beneath The Eyrie racchiude l’atmosfera new wave dark dei The Sound nel brano di apertura In The Arms Mrs. Mark of Cain, i riff power pop accattivanti stile Green Day di Long Rider, le melodie post punk seducenti e misteriose dei due singoli On Graveyard Hill e Catfish Kate, che rimandano ad artisti come Van Morrison, Bob Mould e gruppi storici come Dinosaur Jr., le intime ballate folk/country Ready For Love e Death Horizon, la surreale traccia dream pop in salsa tex-mex Los Surfers Muertos, l’hard rock nevrotico dei Pere Ubu in St. Nazaire e addirittura il jazz-whiskey bar di This Is My Fate.
Così come la loro città di origine Boston, anche la musica dei Pixies è, ancora oggi, un ponte tra culture diverse; un ponte che unisce il lato sognante e quello più rock, la spensieratezza del surf rock dei ’60, il linguaggio minimal dei Ramones, le luci al neon della new wave di fine anni ’70, il rumore post punk degli anni ’80 e le camicie a quadri di flanella pre-grunge.
Come dice qualcuno: “Le epoche sono tutte d’oro o di merda a detta di chi le ha vissute”.
Ma sono gli occhi con cui le si guardano a posteriori a dover essere corredati del giusto distacco, soprattutto nei confronti del presente.
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