Lostprophets
The Betrayed
(Cd, Visible Noise)
alternative rock
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Tutto suona perfetto e curato in The Betrayed, ma non tanto perfetto da risultare irritante. Il quarto album dei Lostprophets promette e mantiene un ascolto sfaccettato e accattivante ma non banalmente semplicistico.
Si lascia ascoltare con interesse anche grazie all’apprezzabile spazio di manovra fra generi e sonorità che il disco si concede, pur se in una dimensione che fa dell’orecchiabilità e del fascino gli elementi in certo modo prioritari.
Guardando l’album più da vicino, abbiamo l’intro breve e schietto If It Wasn’t For Hate We’d Be Dead By Now, che lascia poi spazio a Dstryr/Dstryr, un inno rumoroso, ruvido e inquietante. Dominano la prima parte dell’album i primi due singoli: It’s Not The End Of The World But I Can See It From Here, trionfante marcia di distruzione ammiccante e cupa insieme in cui i toni apocalittici diventano smaccatamente cantabili, e Where We Belong, in cui si sovrappongono una attitudine di fondo fresca e quasi allegra e una nota più diffidente e tesa.
La seconda parte dell’album propone brani veloci, vitali e brillanti, ora dai toni più aspri come in Next Stop Atro City, ora dai toni più gioiosi e giocosi come il gradevole Streets Of Nowhere e He’s A Jolly Good Felon. Questi si alternano serrati a tracce in cui le pieghe della malinconia si fanno più marcate e scure: nel risentimento amabilmente sputato in una cornice lucida e composta, quasi pop (Sunshine), nella coinvolgente e amara A Better Nothing, nella liquida rassegnazione di Darkest Blue.
Intensa la chiusura doppia con The Light That Burns Twice As Bright che offre, in entrambe le versioni, accenti inaspettati, ora attraversati da una drammatica dolecezza, ora da una monumentalità elettrica che si fa via via mutevole.
I fans italiani avranno modo di ascoltare dal vivo la band gallese a Milano il 23 aprile.
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