A nove anni da Teorema del Delirio, il primo album dei Neodea, e un Ep pubblicato dopo la loro esperienza a Seattle, i Neodea stanno per tornare in scena con un nuovo lavoro discografico. Luca Colombo, il cantante della band, è uno di quei personaggi aperti alle collaborazioni nella scena milanese e, dato che sono sempre curioso riguardo la nascita di un disco, gli ho chiesto come sta procedendo la gestazione di questo nuovo album.
Sono passati diversi anni dal primo disco, siete stati anche negli States dove mi hai raccontato nel libro “Il Rock è morto?” la vostra esperienza di Seattle.
L’ultimo disco che abbiamo pubblicato è stato tre anni fa, Paralleli era un Ep con alcuni pezzi che avevamo nel cassetto e che desideravamo pubblicare in qualche modo, anche se non avevamo previsto un disco completo in uscita, ma quel tour a Seattle ci aveva segnato non poco. Nel frattempo abbiamo suonato in diversi concerti in giro ma facendo logicamente musica per passione, siamo stati assorbiti dai nostri rispettivi mestieri e qualcuno di noi ha messo su famiglia, per cui abbiamo avuto tempi lunghi per trovarci insieme, suonare, scrivere i pezzi e mettere da parte qualche soldo per portare avanti questo progetto. Francesco, il nuovo batterista, è entrato tre anni fa nella band, ma in questi anni non abbiamo avuto altre esperienze musicali al di fuori dei Neodea, abbiamo già poco tempo. Con Ivan Lodini, bassista dei Movida, ho collaborato a delle basi dove ho improvvisato dei cantati, ma questa è stata una cosa fatta tra amici, per vedere come avrebbe funzionato una linea vocale in alcuni brani che Ivan ha composto, senza pensare necessariamente di farle finire su un disco.
Teorema del Delirio e Paralleli li ho trovati due bei lavori e quindi ti confesso che ho delle aspettative piuttosto alte sul nuovo disco a cui state lavorando. A che punto sono i Neodea con il loro terzo album in studio?
Ad aprile siamo finalmente entrati in studio per registrare i pezzi e abbiamo appena riascoltato il mixaggio che ci hanno consegnato da poco. Sicuramente dovremo focalizzare l’attenzione su alcuni miglioramenti, dobbiamo ancora fare qualche correzione, una volta che compattiamo i suoni avremo la spinta giusta con un suono più caldo. Io stesso sono il primo a fare il pignolo sulle nostre esecuzioni, ma questo mix rivela che abbiamo tra le mani un buon lavoro. Per questo disco abbiamo cambiato metodologia nella costruzione dei nostri nuovi brani, mentre prima appena azzeccavamo una melodia o un riff che ci piaceva, ci esaltavamo e buttavamo subito attorno una canzone. Qui no, sono brani molto più ponderati e mi sento appagato per il lavoro che abbiamo fatto, sono davvero contento. Ora stiamo lavorando anche sul nuovo sito web dei Neodea dove metteremo pian piano tutti i contenuti. Stiamo finendo il Master dopodiché lo proporremo a chi di dovere, senza nessuna pretesa, pronti anche a fare autoproduzione. Siamo rimasti sulla stessa linea, con qualche piccolo accorgimento elettronico facendo qualche variazione sul tema perché è sempre qualcosa in più.
Proseguite a cantare in italiano nonostante vi siete fatti conoscere dal pubblico americano.
Ci piace che la gente ascolti anche quello che abbiamo da dire e per questo abbiamo continuato a fare canzoni in italiano. Negli Stati Uniti ci siamo fatti conoscere cantando in italiano, e credo che ci abbiano apprezzato anche per questo motivo. Certo tante volte ti trovi a dover incastrare delle parole in maniera tale che siano musicalmente comprensibili, la lingua italiana è piena di accenti e le vocali impazzano e devi trovare la parola giusta che si incastri in maniera corretta nella melodia, altrimenti viene fuori una cosa alla Max Pezzali dove cambi gli accenti.
Per questo album avete ricevuto preziosi consigli da Pietro Foresti, che ha vinto nel 2016 la targa MEI come miglior produttore discografico.
Noi siamo quattro mondi completamente distinti: io sono più sul grunge, adoro il rock, il metal. Il mio bassista ascolta solo pop. Chicco, il chitarrista, è per David Gilmour e Porcupine Tree, a Francesco il batterista piace il crossover. Tutti ci abbiamo messo del nostro e siamo rimasti soddisfatti, il bello è proprio questo. Pietro ha saputo capirci ed amalgamarci, è una persona molto disponibile, non impone nulla, ascolta con attenzione e fornisce un suo parere consigliandoti cosa potresti cambiare, come rendere migliore il suono, ha un’esperienza mostruosa e lo dimostra il lavoro che ha fatto per artisti di caratura internazionale. Il suo contributo con i Neodea è davvero prezioso, per quello sono contento di questo nuovo disco, noi un traguardo l’abbiamo raggiunto e ne siamo felici.
C’è qualche brano particolare in questo nuovo disco di cui vuoi farci qualche anticipazione?
Non siamo una band commerciale per cui le nostre canzoni hanno un ritmo grunge e rock molto pesante, siamo rimasti fedeli a quanto fatto prima, portandoci dietro un bagaglio di esperienze e di sonorità che ci appartengono. Abbiamo un brano agrodolce, Tramonti, dove c’è un lavoro di chitarra che sfocia stridendo nel finale, è un lento dedicato ad una persona che è mancata proprio il giorno in cui abbiamo iniziato a lavorare con Pietro Foresti. Solitudini Urbane è venuta su con un suono e una melodia che ci piaceva e che abbiamo arrangiato al meglio, volevamo fare 4-5 pezzi che fossero più orecchiabili per chiunque volesse ascoltare i Neodea senza pregiudizi, mentre ce ne sono altri che non sono facili da assimilare. Volevamo pubblicare qualcosa di nostro, che ci facesse divertire, che non ci mettesse in condizioni di dover scendere a compromessi, pur rimanendo consapevoli che bisognava offrire una fruibilità aperta a chi non è molto largo di vedute.
Immagino ci siano dei brani che bisognerà ascoltare più volte per comprenderli.
Prendi per esempio Gabbia, è una canzone destrutturata e volutamente ostica per creare l’ambiente più adatto per il tema trattato, quello della violenza dei preti sui bambini. C’è un lavoro di voce molto diverso da prima, con dei growl che nella musica italiana di massa non trovi mai. Ci abbiamo messo un impegno molto particolare in questo disco, e ci sono dei brani che devi riascoltare tante volte perché ti entrino in testa, ma li abbiamo voluti fatti in un certo modo perché rispecchiano il nostro modo di essere.
Per arrivare a questo risultato hai avuto l’aiuto di un insegnante davvero sorprendente.
Ho lavorato con Valeria Rossi, la mia vocal coach, che molti conoscono per il famoso singolo di successo Tre Parole, ma che ha fatto anche tante altre cose straordinarie dopo il suo secondo album, è autrice di canzoni per altri musicisti, ha pubblicato alcuni libri e recentemente ha partecipato al programma “Ora o Mai Più” in prima serata sulla RAI condotto da Amadeus. Tra me e lei c’è un rapporto di amicizia nato diversi anni fa, avevamo degli amici in comune a Roma e ci è capitato di “scontrarci”. Quando noi Neodea abbiamo iniziato a lavorare con Pietro Foresti, suo marito, ci siamo rivisti e ri-presentati. Tra una chiacchiera e l’altra abbiamo scoperto di essere persone compatibili e le ho chiesto se le andava di darmi una mano per migliorare la mia voce, perché ero un mezzo cantante e mezzo chitarrista. A Valeria Rossi le era piaciuto quello che aveva sentito dei Neodea e ha accettato. Mi ha ribaltato come un calzino, togliendomi dalla testa tutto quello che avevo imparato da autodidatta. Mi insegna posizioni yoga assurde e mi urla dietro in maniera giocosa quando non riesco a seguirla, ma è davvero straordinaria come insegnante e come persona. Ho praticamente abbandonato la chitarra, abbiamo lavorato sulla voce ed è nato anche un rapporto di forte amicizia. Capita di passare serate in giro per concerti con lei, Pietro e la mia compagna.
Farete qualche concerto ora che siamo in piena stagione estiva?
Non credo che quest’estate avremo il tempo di suonare da qualche parte, abbiamo aspettato il mixaggio e abbiamo una vita lavorativa da mandare avanti, non ci siamo messi a cercare qualche locale che potesse ospitarci, del resto i grossi eventi sono già stati organizzati da tempo. All’uscita del disco faremo sicuramente un release party dove riusciremo a farlo e poi vedremo. Certo avessimo avuto 10 anni fa le possibilità di adesso, sarebbe tutto diverso. Ma questa è la nostra storia e, se fosse diversa, sarebbe quella di qualcun’altro.
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