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Inheaven: recensione disco omonimo

Gran debutto questo degli inglesi Inheaven, un muro sonico indie punk rock di 12 brani trascinanti godibili dal primo all’ultimo

Inheaven

s/t

(Epic Records)

indie rock

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InheavenNati prima come duo e poi divenuti un quartetto, gli Inheaven sono una band londinese che debutta con questo album omonimo di 12 canzoni. Il gruppo è partito con l’idea di presentare sul palco un progetto audiovisivo che accompagnasse le loro performance. Hanno colpito il web inviando a riviste, blog, persone link ai loro video enigmatici, giungendo infine alla Cult Records di Julian Casablancas degli Strokes che ha pubblicato il loro primo singolo.

Il sound riporta a fulgori elettrici alla Ramones, The Damned, Smashing Pumpkins, Nirvana, Pixies, ma anche un pizzico di Hole, Stone Roses, The Verve e Jane’s Addiction. L’indole indie-punk anglosassone si avverte subito appena parte il basso di Baby’s Alright, le canzoni sono belle in tiro, Treats ha chitarre ipnotiche e soniche sorrette dall’incantevole voce della bassista Chloe Little che si ritaglia i suoi spazi alternandosi con il chitarrista James Taylor e che nel video ce le canta nelle vesti di cheerleader.

I 12 brani sono solari, energici, con un paio di brani romantici ma per nulla sdolcinati, il muro sonoro non infastidisce, ma è evocativo e toccante. Chiariamoci: non inventano nulla di nuovo, né sviluppano canzoni con portentosi assoli o sperimentazioni psichedeliche, ma raccolgono le eredità dei gruppi citati, ne prendono spunto facendo canzoni che sembrano nuove, fresche e sognanti. Hanno già solcato palchi importanti come il Reading Festival e hanno già un tour che li porterà fuori dall’Inghilterra, verso le principali città europee.

A mio parere siamo davvero a grandi livelli, c’è un lavoro dietro lungo 5 anni che ogni band dovrebbe prendere come esempio, hanno una grande presenza sul web, i video sono quasi tutti ben curati per essere una band al debutto, come quelli delle canzoni citate poco sopra, che stimolano l’ascolto. Anche in brani come World on Fire che hanno un taglio grunge anni 90 si vede che non hanno messo fotogrammi a caso, c’è una sensazione di hype in crescendo e le canzoni, oso dirlo, sono tutte coinvolgenti.

Il disco presenta racconti personali ma anche uno sguardo a quello che succede nel mondo, alle finte rassicurazioni sulla guerra che si combatte negli Stati stranieri, del resto sono sempre stati ispirati dalla controcultura degli anni 60 e hanno spinto la direzione dell’album in un flusso cinematografico di emozioni che non ti fanno rendere conto di essere arrivato alla fine del disco. E poi vorresti riascoltarlo. Sì, sono usciti tanti gruppi sul genere, ma ho l’impressione che gli Inheaven diventeranno delle star e non il solito gruppo che dopo due dischi sparisce nel nulla. Vediamo se mi sbaglio.

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Luca Paisiello
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