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Little Steven: Soulfire

Soulfire è il nuovo album solista di Stevie Van Zandt, alias Little Steven, il chitarrista con la bandana di Bruce Springsteen che dopo 18 anni ritorna alle radici rhythm and blues

Little Steven

Soulfire

(Wicked Cool Records)

rock

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recensione little steven soulfireSul cellophane di Soulfire c’e un adesivo che dice “Stevie Van Zandt ritorna alle radici rhythm and blues con il suo primo album in studio in oltre 15 anni”.

Per la precisione di anni da Born Again Savage ne sono passati quasi 18, anche se è talmente difficile da credere che sono andato a leggere nei credit di quell’album e sì, era proprio il 1999.

Tra tour mondiali con il Boss, comparsate nei locali di Asbury Park, fitcion-tv e programmi radiofonici il tempo passa in fretta.

Diciamolo subito, questo è un album di più facile ascolto rispetto ai suoi passati, e la prova vivente è mia moglie che mentre cucina martella il ritmo sul tagliere della cipolla invece di urlarmi dietro come al solito di spegnere quel c@%&£ di stereo.

Non c’è nessun brano inedito, diciamo subito anche questo.

Little Steven ha ripescato dai tanti pezzi che ha composto per altri ma anche da classici del genere. In tutti i casi riarrangiandoli.

Quindi non è sbagliato dire che questo album è un vero e proprio divertissement in cui il poliedrico artista statunitense dà sfogo ai suoi gusti e ci lascia dare ben più di una sbirciata in quella che è la sua anima musicale .

Ci sono diversi pezzi portati al successo, da Southside Johnny, da I’m Coming Back a Love On The Wrong Side Of Town (scritto a quattro mani con Bruce Springsteen), da I Don’t Wanna Go Home a Some Things Just don’t Change, tutti bellissimi anche in questa veste rinnovata.

E poi ci sono le cover.

Blues Is My Business è stata pescata dall’album Let’s Roll (2003) di Etta James.

Down And Out In New York City ha visto il suo esordio discografico in Black Caesar (1973) di James Brown.

E ancora le collaborazioni, Standing In The Line Of Fire – scritta con L. Anderson e Gary U.S. Bond – title-track per l’album di quest’ultimo del 1984.

O ancora Ride The Night Away –scritta con Steve Jordan- per l’album For The Working Class Man (1985) di Jimmy Barnes e poi ripresa da Southside Johnny per il suo Better Days (1991).

Insomma, sono certamente il rock e il blues le due colonne portanti di questo lavoro anche se ci sono varie incursioni in diversi generi.

L’ascolto è velocissimo, si arriva all’ultima traccia senza quasi accorgersene.

Mentre scrivo, Little Steven, la sua bandana e la sua band, The Disciples Of Soul, sono in Italia per un’unica data al Pistoia Blues.

E allora, per quelli che avranno avuto la fortuna di vederlo dal vivo e saranno rimasti entusiasmati e per quelli che incuriositi da questo articolo andranno ad approfondire la sua conoscenza, vi rimando a una chicca. Il primo album di Little Steven & The Disciples Of Soul, Men Without Women del 1982, è stato interamente suonato da Southside Johnny & The Asbury Jukes la sera del 2 luglio 2011 al mitico Stone Pony. Numerosi special guest si sono alternati sul palco, tra cui lo stesso Stevie. È imperdibile.

Storie da Jersey shore.

 

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