James Johnston
The Starless Room
(Clouds Hill)
pop, rock
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L’album di debutto di James Johnston è arrivato anche in Italia, distribuito dall’etichetta tedesca Clouds Hill, e si intitola The Starless Room.
Molti di voi, ovviamente, se lo ricorderanno innanzi tutto nella sua veste di membro dei Gallon Drunk, e poi con Lydia Lunch, Nick Cave & The Bad Sees e con PJ Harvey.
Devo ammettere che, quando un musicista arriva alla realizzazione di un album solista dopo una lunga militanza in una o più formazioni, c’è inevitabilmente quel pizzico di curiosità maggiore nell’ascoltare per cercare di scoprire cosa lo ha spinto a mollare gli ormeggi e ad avventurarsi in una regata solitaria.
“Le registrazioni del disco con la band hanno avuto un approccio semplice, ma in un modo infuocato, diretto e ben focalizzato sia dal punto di vista musicale che emotivo. L’ultimo album realizzato con i Gallon Drunk è il mio preferito, ed è stato certamente uno dei fattori per capire come andare oltre, discostandomi da quella rabbia e da quel dissenso, rigettando il sound più familiare per esser più libero. Così qui la strumentazione, retta dal piano e dalla voce, è molto differente e, nel complesso, il suono è molto curato ma intimo. È molto più autobiografico, sia come persona, sia per il genere di musica che ascolto”.
In effetti, diciamo che il suo è un pop-rock che ricerca la qualità in ogni aspetto e che si mantiene sempre pacato e soft, tanto da poter fare da sottofondo alla cena di un primo appuntamento.
Ed è proprio il romanticismo il tratto che viene sottolineato maggiormente, soprattutto nella title-track che concentra al meglio l’espressività di questo artista esaltata dall’arrangiamento di archi di Sebastian Hoffman.
Come rivela lui stesso, in questo lavoro un’importanza particolare è stata data ai testi, particolarmente intimi e sentiti “Ho solamente seguito tutto ciò che innescava una reazione emotiva in me”.
Per Johnston, infatti, il più grande piacere di tutto è semplice: i tempi lenti delle canzoni. “È qualcosa che adoro, come tutti quei dischi di Isaac Hayes e Ray Charles. È come se stessi ascoltando il disco di qualcun altro”.
E invece questo disco è il suo e, anche se potrebbe apparire paradossale, il distacco che è riuscito a raggiungere palesa più che mai quanto ne sia soddisfatto.
E già questa è un’ottima ragione per ascoltarlo.
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