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Grandmother Safari: recensione album omonimo

I Grandmother Safari sono uno di quei gruppi validi che non sembrano neanche italiani. Il variegato esordio omonimo del sestetto sardo è una rivisitazione moderna del prog-rock

Grandmother Safari

s/t

(Hopetone Records)

prog rock, jazz-rock, psichedelic rock

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grandmother-safariSardegna, terra ricca di luoghi comuni ma povera di band interessanti: la scena musicale rock sarda infatti non è mai stata particolarmente brillante ma un’eccezione va fatta: i Grandmother Safari sono uno di quei gruppi validi che non sembrano neanche italiani.

Nato nel 2007, il sestetto sardo concretizza anni di esperimenti sonori in questo primo album omonimo, creando una fusione stilistica di notevole impatto, sia a livello compositivo sia a livello sperimentale. La base di partenza è quella del prog-rock, quindi chiaramente influenze jazz-rock, nonché venature psichedeliche.

Negli 8 brani, quasi tutti strumentali, gli strumenti sfumano l’uno dentro l’altro, mettendo in risalto l’estro della band cagliaritana, a cui va aggiunta una nota positiva grazie anche alla sapiente produzione.

Un brano come A Life Show non può lasciare indifferenti. Da un background vellutato composto da una voce eterea, si passa rapidamente ad un ritmo veloce dove la batteria guida il basso morboso verso una ossessiva fuga spaziale fatta di vortici di synth.

Differenti sensazioni in Acid Milk, che si apre tra fiati maestosi e che continua con divagazioni jazz. Bottom, uno de brani più lunghi dell’album, è aperto da un elegante basso, e si muove su costrutti prog che sfociano nel post-rock.

Dunia offre una visione musicale più ampia che coincide con la world-music, con echi prog che sembrano provenire direttamente da Anima Latina di Battisti.

GMS è forse il loro pezzo più interessante, aperto da una batteria granitica. Il brano si snoda attraverso vibrazioni psichedeliche, suggestioni eteree, sfumature prog, free-jazz e cacofonie varie: praticamente una summa della loro arte di fusione stilistica.

Sand Bells, con i suoi 4 minuti è a tratti lisergica a tratti straniante, mentre Love Geometry è chiaramente un derivato della scuola canterburiana.

Ascoltando Grandmother Safari non ci si annoia di certo: tutti i brani sono un condensato di sensazioni e di umori che soddisfano il palato musicale soprattutto degli appassionati del prog-rock

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