Mosche di Velluto Grigio
Old School
(Autoproduzione)
folk-punk
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Il nuovo delle Mosche di Velluto Grigio si intitola Old School ed è una raccolta di brani classici reinterpretati alla loro maniera.
L’apertura al suono di una cornamusa del primo brano, Amazing Grace, evoca le distese incantate dell’isola di Skye finché, improvvisamente, la batteria e una chitarra elettrica si schiantano feroci sul castello di Dunvegan con esattamente la stessa violenza e la stessa durata di un temporale sulle highland. Anche se loro, probabilmente, ve lo racconterebbero citando piuttosto le altrettanto fradicie sheeppy irlandesi.
North-West Passage irrompe invece con una voce cavernicola scortata da una chitarra distorta e (forse) da un flauto. Giusto il tempo di fare l’orecchio a una certa goticità che ecco di nuovo, all’improvviso, ripartire il martellamento di una ritmica punk che ogni tanto rallenta per lasciarsi incidere dal sapore della tradizione.
Waltzing Matilda mi colpisce più delle altre con la sua frenesia perché sono abituato da molti anni a una versione estremamente più slow, un unplugged live piano e voce cantato da Tico Torres. Che, per chi non lo sapesse, ha una voce molto simile a quella del vocalist delle Mosche di Velluto Grigio. Curioso, ed è un’altra correlazione completamente inattesa, come un breve intermezzo semiacustico richiami sonorità spreengstiniane che non immaginavo avrebbero potuto trovare spazio in un album come questo.
Ma che cos’è esattamente Old School ce lo spiegano loro stessi: ”Dopo 16 anni per strada nel tentativo di registrare su disco un qualcosa che probabilmente funziona più su un palco che su un pezzo di plastica, per attitudine e stile, siamo riusciti a mixare perfettamente su un disco di 9 traditional rivisitati in stile MVG la vera, reale, matura ed attuale natura delle Mosche di Velluto Grigio”.
Ed essenzialmente non è che ci sia molto da aggiungere. Prendete 9 classici, immaginateveli rivisti in chiave punk, folk quando serve (è una loro citazione!), mantenendo però i rimandi “vecchia scuola” di alcuni suoni più che caratteristici sui quali si erge, come detto, quello delle bagpipe.
In questa rinfusa di linearità stravolta l’unico pezzo in italiano, Lu Rusciu Te Lu Mare, somiglia a una ballata qualsiasi di Ligabue col solito giro dei soliti accordi scritta scimmiottando Guccini ma cantata con delle sonorità lessicali alla De Andrè (in realtà è un brano popolare salentino usato per la “pizzica”, la danza a piedi scalzi che fa impazzire i feticisti come me), che poi esplode in un arrangiamento da super festa nella terza classe del Titanic.
Nel complesso, c’è da dirlo, l’ascolto è piacevole perché, nonostante ciò che ne penseranno i puristi, si arriva alla fine della track-list nel tempo in cui si beve un bicchiere di acqua fresca quando si è tremendamente accaldati.
Ed effettivamente sì, dal vivo questi brani funzioneranno certamente di più perché spingono a pogare dall’inizio alla fine. Ma, anche metterli su mentre si cerca di superare l’uscita Laurentina del GRA dentro una coda disordinata che inizia già sulla Roma-Fiumicino, aiutano certamente molto considerando quanto allegramente zampettano le lancette dell’orologio sulle teste calde dei nostri istinti omicidi ipnotizzati.
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