PJ Harvey
The Hope Six Demolition Project
(Island)
rock, indie
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Un susseguirsi continuo di sollecitazioni dettate dal sogno di una pace totale nel mondo, è questo l’ imperativo che PJ Harvey mette a clausola nel nuovo album The Hope Six Demoltion Project (nome preso in prestito da un decreto americano per l’abbattimento dei tuguri di povere persone nullatenenti), undici tracce che riprendono in mano il filo elettrico del rock dopo il folk di Let England Shake uscito cinque anni orsono, ed è il secondo disco “pacifista” che l’artista del Dorset registra dopo vari viaggi nel Kosovo, Afghanistan ecc, dunque un lavoro pieno di consapevolezza e umanità dove espandere la propria interiorità e l’altrettanta vocazione diventa per Polly esigenza primaria, vitale.
Registrato con la sua band in uno studio le cui pareti di vetro hanno consentito a folle di assistere alle varie fasi del lavoro discografico, il percorso sonoro ed intimo del lotto è un grumo elastico di ballate Medicinals, Dollar, dollar, flauti, sensazioni atmosferiche e ritmi dai profumi lontani mid-etnici The orange monkey, A line in the sand, ma anche un qualcosa che nonostante la vena “di cambiamento” convince per un quarto, vive una debolezza strutturale prettamente di quei dischi “incerti” (The ministry of social affairs) di una rivoluzione a metà che si fa sentire fortemente al di fuori delle nobili intenzioni.
Qualche quotazione in rialzo le portano le belle Chain of keys e The wheel, ma sono gocce che si riassorbono dopo pochi istanti d’ascolto.
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