Ho visto centinaia di concerti in giro un po’ per tutto il mondo ma mai uno all’arena di Verona. Non che fremessi per colmare questo mio gap a essere sincero, diciamo però che da molti anni ero in stand-by con una spia accesa aspettando l’occasione giusta. E l’ho sfiorata più volte, ma poi il quid decisivo è sempre andato a infrangersi contro un fusibile che non si bruciava mai. Fino a cinque giorni fa, quando ho deciso di prenotare su booking.com un b&b nella centralissima via Roma, avendo però la cura di sceglierne uno con la cancellazione gratuita.
Il giorno seguente, alle 10:00 in punto, su ticketone.it avrebbero aperto le vendite online per le due date di David Gilmour del 10 e 11 luglio. Così abbiamo scientemente programmato la pausa caffè e alle 9:59 io e tre amici eravamo di fronte a 4 PC con gli indici che scaldavano i motori sul pulsante sinistro del mouse. Poi ho urlato “Vaaaaaai!”, ed era tanto che non lo facevo, dall’ultima partenza in contropiede di Gervinho prima che partisse per la nuova civiltà.
Click, click, click, click.
Siamo spiacenti, i biglietti per il settore richiesto non sono al momento disponibili.
Be quiet, non facciamoci prendere dal panico.
Anche se per il mio debutto nell’anfiteatro scaligero sognavo di sedermi in poltronissima proviamo lo stesso tutti i settori, uno a uno, quattro click alla volta, fino a implorare per un posto sul balcone di Giulietta su cui accomodarsi con un telescopio preso a noleggio in nero da qualche anziana e insospettabile signora veneta.
Nein.
Le reminiscenze dei golden circle per i Bon Jovi a San Siro e per gli U2 al Pala Alpitour mi pugnalano mentre sto già prendendo il cellulare per disdire la camera.
Poi, sarà l’influenza dell’anno bisestile o di quello giubilare?, si accende un count down verde. Hai 13:00 minuti per perfezionare il tuo acquisto, 12:59, 12:58, 12:57… Cosa ho acquistato? Ah sì, eccoli lì, due preziosissimi biglietti per la gradinata, lassù dove osano i piccioni. Volo sull’homebanking a ricaricare la carta di credito e torno sul sito di ticketone più veloce del Freccia Nera. Hai 8:49 secondi per perfezionare il tuo acquisto. Padre Pio, Papa Francesco, Gervinho, sono un miracolato.
Dopo mezz’ora i biglietti sono già in vendita sui principali siti di secondary ticketing a prezzi che oscillano tra i 150 e gli oltre 2000 euro mentre sui social si scatenano le solite polemiche e i soliti insulti. Qualcuno arriva a scrivere che è colpa degli artisti che pretendono cachet troppo alti e che è colpa della gente che riacquista i biglietti da questi bagarini (diamo un nome alle cose!). E poi così sono tutti contenti: gli artisti perché ottengono le cifre e i vezzi da star che richiedono, i promoter perché in una frazione di secondo appiccicano il bramato cartello sold out, i bagarini perché fanno soldi a palate.
Insomma, i dischi costavano troppo e allora era giusta la “spesa proletaria” a colpi di MP3 scaricati, ora i live costano troppo ed è giusto rincararli ulteriormente se qualche maiale capitalsita è disposto a comprarseli comunque. Fate pace col cervello popolo del web!
E i fan? Sono gli unici scontenti, naturalmente. Ma non gliene frega niente a nessuno dei poveri tapini perché, da che mondo e mondo, seguire la scia del vil danaro fa perdere di vista il resto del paesaggio.
È il delirio.
E allora proviamo a riordinare le idee e a fare un po’ di analisi.
L’artista vende un prodotto, nel caso specifico una prestazione, ed è libero di chiedere in cambio qualsiasi cifra ritenga.
Lo spettatore, il suo utente, sarà altrettanto libero di fare ogni valutazione: il prezzo che l’artista chiede per la sua prestazione è, per ME, congruo? Sì, acquisto il biglietto e vado allo show. No, me ne rimango a casa o vado altrove. Il resto è mera filosofia.
Qui, in ogni caso, non si parla di questo. Qui si parla di un libero mercato alterato con mezzi sleali. Qualcuno entra in un negozio di scarpe, acquista tutte le scarpe che ci sono rendendole introvabili e quindi non più acquistabili, poi apre una bancarella in mezzo alla strada e rivende tutte le scarpe che ha appena acquistato a 5, 6 o 10 volte il loro valore.
I siti di secondary ticketing, ufficialmente, sono delle piattaforme che dovrebbero permettere a domanda e offerta PRIVATE di incontrarsi: ho acquistato 2 biglietti per David Gilmour, non ci posso più andare, decido di rivenderli, mi appoggio a un sito di secondary ticketing.
Nella realtà, invece, avviene che dei software artatamente settati facciano razzia di migliaia di biglietti nel giro di una frazione di secondo e poi, su una bancarella virtuale, li rivendano con rincari esagerati.
Certamente l’utente è libero anche qui di non acquistarli qualora ritenga la richiesta troppo esosa. Ma chi fa le leggi non dovrebbe tener conto di ciò che il singolo ritiene antieconomico o addirittura etico, bensì avrebbe –HA – il DOVERE di impedire una lapalissiana alterazione del libero mercato e un’attività di lucro che viola la legge. Non si tratta più di una domanda privata che incontra una offerta privata, bensì di un grosso soggetto privato che fagocita la totalità dei soggetti deboli del sistema –quei tapini dei FAN, appunto- per attuare pura speculazione. E lo fa, peraltro, con mezzi sleali, perché un software è più veloce di un dito umano che fa click sul mouse.
Perché andare a caccia con un richiamo elettronico è vietato? Perché il Legislatore ha ritenuto, per quanto possibile, mettere uomo e animale nelle stesse condizioni, senza fornire a uno l’ausilio di mezzi che possano alterare lo spirito della competizione.
Che poi, a ben vedere, le condizioni contrattuali di Ticketone http://www.ticketone.it/termini hanno a tutti gli effetti di legge il valore di un negozio giuridico e, all’art. 3.3, testualmente recitano “il titolo di ingresso non può essere ceduto dal cliente a titolo oneroso né può essere oggetto di intermediazione”.
Quindi sarebbe addirittura vietata la vendita tra privati. Certo, mi direte, Ticketone lo scrive per farsi salva da ogni responsabilità legale, ma poi si guarda bene dal far causa a quei signori.
Ma torniamo al discorso che non sono i soggetti privati, fisici o giuridici, a doversi far carico di aggiustare un sistema rotto bensì è il Legislatore che dovrebbe –DEVE – essere ispirato da questa ratio e invece non lo fa. Sarebbe simpatico andare a verificare chi c’è dietro per capire se è un bug del sistema oppure un’altra delle tante affittopoli peninsulari che qualche super magistrato o super tecnico scoprirà tra qualche decennio tra il clamore dei mass-media e l’indignazione del popolo.
Già, perché oltretutto, ed è un paradosso nel paradosso, i guadagni di questi bagarini sono completamente esentasse. Mi viene da sorridere se penso che proprio la scorsa settimana ho acquistato ad un’asta benefica un cimelio rock, ma non potrò detrarre la donazione perché mi manca l’animus domandi. E che è? Nelle donazioni indirette è la specifica volontà di donare: tu cittadino non vuoi elargire beneficienza ma soltanto soddisfare il tuo bisogno egoistico di entrare in possesso di quell’oggetto e quindi Io Stato Italiano non ti rimborso. All’estero, ovviamente, non se ne curano affatto: Tu Cittadino fai in modo che dei soldi arrivino ad aiutare chi ne ha bisogno e Io Stato ti incentivo a farlo restituendotene una parte.
Per fortuna che adesso il governo compenserà facendo pagare a tutti il canone RAI sulla bolletta elettrica. Così finalmente sarà justice for all: i fan non potranno andare a sentire i loro eroi però dovranno pagare le tasse che non pagano i bagarini.
E io che so io ma non conto un euro, non sarò il Marchese Del Grillo che farà suonare a morte tutte le campane di Roma ma rischierò lo stesso di finire confinato a Castel Sant’Angelo.
L’animus de li mejo… broker vostri!
In questo che non è un paese per giovani, non sarebbe il caso di riportare il tutto alla legalità e di restituire al SINGOLO individuo la piena LIBERTÀ di scegliere se andare o meno a sentire un artista?
E se l’artista avrà chiesto troppi soldi allora bene, vorrà dire che farà un concerto in uno stadio semi vuoto e la prossima volta, vedrete, chiederà meno.
Ah, c’è poi l‘aspetto romantico che contraddistingue noi cretinissimi dai cretini ordinari. Noi con la musica nel sangue che se ci tagliano le vene ci escono i diesis e i bemolle imperfetti e distorti.
Io, che a sentire la musica dal vivo ci vado con sentimento e mi commuovo a sentire in mezzo alla moltitudine “It’s a town full of losers, I’m pulling out of here to win”. E sempre io, che frequentando i concerti da trent’anni ho conosciuto e continuo a conoscere centinaia di persone spinte dalla mia stessa innata e inarginabile passione. E ancora e per l’ennesima volta io, che conosco pure musicisti, anche famosissimi, che certamente non disdegnano di guadagnare quanto più possibile, ma continuano a fare musica live pur se mega milionari perché altrimenti morirebbero.
Quel che ancora non conosco, invece, è il nome e il cognome di quei figli delle stelle che stanno uccidendo anche questa nostra passione dopo che già, in ambito musicale, ci hanno lasciato alle spalle un sacco di cadaveri.
Rideteci pure dietro ma non vi illudete, noi sognatori idioti non molleremo mai.
Tra poco più di 24 ore apriranno le vendite per Bruce Springsteen a Milano e io sarò di nuovo lì a cliccare con il coltello tra i denti e le spine nel cuore.
Tra poco più di 24 ore e 1 secondo io, Paolo, Simona, Sergio, rimarremo col sapore del veleno in bocca e ci accasceremo morenti accanto alle spoglie del nostro amore.
E allora i nostri spiriti liberi si accomoderanno sul palco insieme alla E Street Band e faranno un mucchio di casino prima di venire a tormentarvi il sonno notte dopo notte dopo notte dopo notte.
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