Carmen Consoli
Milano, Alcatraz, 5 novembre 2008
live report
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Carmen Consoli ha riaperto un baule chiuso dieci anni fa e ha trovato un abito da sirena, un taglio di capelli di quelli che andavano una volta, la sua Fender rosa e forse un po’ di quella ruvidità che negli ultimi tempi sembrava aver dimenticato, sedotta dal suono degli zufoli.
Una piccola autocelebrazione per il decennale di Mediamente Isterica, definito da molti l’album più rock della cantantessa, prima della sua discussa svolta “rosa”.
All’Alcatraz c’era il pubblico dei fedelissimi, quelli che i suoi album li compravano prima di essere andati al cinema a vedere “L’ultimo bacio”, quelli che se la ricordavano arrabbiata con tutto, con tutti e un po’ anche con sé stessa.
Carmen esce sul palco, imbraccia la chitarra e attacca con Besame Giuda. Prosegue senza pause ripercorrendo fedelmente la track-list dell’album: zittisce il suo “dolce amore” che l’ha tradita, gli chiede “di vergognarsi” dopo averlo sentito “strisciare tra le sue lenzuola”.
Si ferma a salutare solo dopo la terza canzone, giusto il tempo di un cambio di chitarra per poi riprendere con l’intensa Autunno dolciastro.
Alle sue spalle alcuni schermi che proiettavano attimi e momenti salienti di quell’anno, il 1998, che vedeva l’uscita del suo album. Gli applausi più forti del pubblico vanno all’immagine di Pantani vincitore del giro e del tour in quell’anno, e all’immagine di Lucio Battisti, scomparso nel settembre 1998.
Intanto l’album è già quasi terminato, passando dall’inferno dell’Ennesima eclisse alle rovine di Eco di sirene. Contessa miseria è accolta dall’ovazione del pubblico ormai incontenibile, e L’ultima preghiera regala minuti cupi ed ipnotici mentre la Giovanna d’Arco di Luc Besson viene arsa viva sul palco.
C’è il tempo anche per un inedito, L’uomo meschino, inciso nel ’98, ma che poi non venne inserito nell’album.
Una Consoli energica ma a tratti nervosa, che non ha mancato di aggiungere in scaletta pezzi provenienti da Confusa e Felice. La nota d’onore va certamente a Per niente stanca, dove Carmen dimostra che quella rabbia per il mondo e le sue piccole crudeltà è ancora dentro di lei.
Saluta il pubblico, ahimè un po’ troppo presto, con quello che resta uno dei suoi pezzi più lodati e di certo uno dei più belli: Amore di plastica.
Unica pecca, dettata forse (e speriamo sia così) da un male di stagione, l’essere mancata sulle note più alte, lasciando per lunghi tratti che fosse il pubblico a cantare.
Al di là dei dettagli, rimane la forte speranza che questo tour la riporti sulla “buona” strada.
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