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Metallic Taste Of Blood: Doctoring the Dead

Quando dei pilastri della musica si incontrano sulle rive degli infiniti rigagnoli del metal. I Metallic Taste Of Blood presentano Doctoring The Dead, un disco che riporta finalmente la freschezza in un genere ormai vessato dalla monotonia

Metallic Taste Of Blood

Doctoring the Dead

(RareNoiseRecords)

metal, alternative

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Metallic Taste Of Blood: Doctoring the DeadInizia con atmosfere quasi drone questo disco dei Metallic Taste Of Blood di Eraldo Bernocchi e Colin Edwin. Il titolo è Doctoring the Dead e cambia repentinamente atmosfere e riferimenti stilistici al punto da risultare difficilmente catalogabile ed inquadrabile in un genere.

Stratificato, cangiante, tecnicamente ineccepibile, ricercato, corposo. Tanti gli aggettivi che si addicono ad un lavoro partorito da un ensemble di gran pregio, composta da musicisti di elevatissima esperienza e rinomata bravura. Accanto ad Eraldo Bernocchi (Obake, Owls, Sigillum-S) troviamo pilastri come Colin Edwin (Porcupine Tree) e Ted Parsons (Swans, Godflesh, PIL, Killing Joke).

Un super gruppo insomma, che ha trovato la quadra tra le molteplici influenze ed esperienze dei singoli componenti, fino alla messa in opera di un progetto che non è mai banale e ripetitivo.

Continui cambi di tempo e dinamica sostengono la struttura di brani che al loro interno vivono di rivoluzioni e rotazioni. Trasformazioni e passaggi da ambienti sonori delicati e melodici che iniettati dell’inventiva del trio subiscono metamorfosi inaspettate, prendendo la forma di cavalcate a volte stoner, a volte sludge, a volte doom.

La perizia tecnica della band è quanto di più cristallino ci sia di paragonabile in circolazione. Architetture sonore di grande slancio e pulizia vengono intarsiate da leggeri barocchismi mai invadenti, soppesati e dosati con parsimonia, che rifiniscono e aprono strade per virate che escono fuori da una nebbia di acqua nebulizzata, quasi a preannunciare imminenti cascate nascoste dietro la prossima ansa di un fiume apparentemente tranquillo.

Un disco per chi ha un palato maturo, avvezzo alla potenza delle distorsioni tanto quanto alla sinuosità delle ambientazioni un po’ post-rock ed un po’ d’avanguardia jazz, con momenti leggermente progressivi.

Sicuramente un’ottima prova che spicca in un panorama sempre più piatto come quello del mare magnum del metal e delle sue infinite sfaccettature. Un progetto che dimostra di non essere solo fatto da grandi nomi, ma soprattutto da grandi professionisti con un gusto musicale invidiabile.

 

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Antonio Serra
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