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Management Del Dolore Post-Operatorio: I Love You

Come essere i più stronzi del villaggio: I Love You, il nuovo disco dei Management Del Dolore Post-Operatorio, è il manuale audio della rock band più cinica d'Italia

Management Del Dolore Post-Operatorio

I Love You

(La Tempesta Dischi)

rock

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https://youtu.be/GZ_q3aE2Uu

 

recensione Management Del Dolore Post-Operatorio- I Love YouI Love You è il terzo album dei Management Del Dolore Post-Operatorio, il primo licenziato dal La Tempesta Dischi. Al mixer c’è Giulio Ragno Favero (One Dimensional Man, Il Teatro Degli Orrori, Putiferio) e l’eccellente lavoro che la sua mano ha fatto sull’album si sente al primo ascolto.

Era atteso da molti questo album, ma sono convinto che non tutti saranno pienamente soddisfatti del risultato. Che qui si apprezzino ottimi spunti ed una sensibile crescita dal punto di vista sonoro e strettamente musicale è fuori da ogni ragionevole dubbio. Il suono dell’intero lavoro è compatto, pieno, presente. Tutto il comparto strumentale fa un lavoro egregio: armonizzazioni, riff, basso e batteria a ruota libera. Ogni brano aggiunge un tassello, ogni tassello rafforza la consapevolezza di stare ascoltando la perfetta declinazione del rock italiano contemporaneo, dal primo all’ultimo arrangiamento.

Ed anche le melodie e le linee vocali in generale non sono da meno: si spalmano come burro su ogni traccia.

Qual è il motivo per cui alcuni ascoltatori non dovrebbero essere soddisfatti, dunque? Bene, la ragione è che tanto quanto i Management Del Dolore Post-Operatorio sono riusciti a costruire una riconoscibilità, una loro linea, una personale attitudine alla composizione, soprattutto per via delle liriche e di un atteggiamento, che le rispecchia in pieno, sempre a tinte forti, altrettanto ostinatamente sembrano essere chiusi in una casa degli specchi costruita sulla loro stessa fortissima personalità.

Il loro sguardo sul mondo è cinico, duro, controcorrente. Non è solo rabbia verso la società, è rancore. I loro testi sono provocatori, deliberatamente, fastidiosi, astringenti.  Però è come se in fondo, anche se cercano di convincerci del contrario, si prendessero troppo sul serio. Anche quando potrebbero essere molto più sfrontati e coerenti. Ed invece si perdono nel rivangare contenziosi (Il Primo Maggio) che altri si sarebbero lasciati alle spalle con superiorità.

Diciamocela tutta, con franchezza, l’episodio del primo Maggio 2013 che li ha visti protagonisti, Piero Pelù l’aveva già fatto 20 anni prima (cercate su YouTube l’intervista a Vincenzo Mollica per il concerto del Primo Maggio 1993) ed aveva anche fatto di peggio, definendo i parlamentari italiani drogati e puttane, bruciando pagine di giornali, prendendosela perfino col Papa. Fece anche il nudo! Ma era il 1993, non esisteva YouPorn, ed aveva tutto un altro peso. Nonostante tutto, Pelù, per quanto deprecabile per un sacco di altre cose, quella leggerezza l’ha sempre mantenuta.

Ecco cosa manca: l’essere superiori a certe cose. Va benissimo il cinismo, i pensieri sputati in faccia, i testi crudi e fastidiosi, però ci si aspettava forse che tutto quanto si elevasse di più sopra alle parole ed alzasse l’asticella dei concetti. Dopo tre dischi così, forse, il tutto rischia di sembrare un po’ fine a se stesso; provocare solo per il gusto di provocare, quando invece si percepisce che uno scopo, di fondo, c’è. Peccato rimanga sepolto.

Che si stiano crogiolando troppo nell’assecondare i loro fan? Che non vogliano deluderli rischiando una evoluzione? Che gli piaccia semplicemente restare così come sono e fermi dove stanno? Vale tutto, è tutto possibile, così come potrei essere completamente fuori strada. Però il tutto ha un retrogusto di già sentito, ed è un peccato, perché l’ironia e la freschezza che li contraddistingueva, così, perde mordente, anche se loro ce la mettono tutta per sembrare sempre dei grandissimi stronzi.

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Antonio Serra
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