da Black Jezus
Don’t Mean A Thing
(800A Records)
canzone d’autore, blues, electropop
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Il pop che incontra un introspettivo cantautorato elettrico e che si sporca di blues: l’eclettico duo italiano da Black Jezus esordisce con Don’t Mean A Thing, EP di sole sei tracce che già convince a pieno.
Una voce viscerale e calda, strozzata e venata di dolore, un po’ alla Paolo Nutini. Come contorno un certo tipo di folk rock contaminato da un’elettronica minimale, il giusto, solo per dare un ulteriore ritmo al tutto. Un tipo di cantautorato internazionale, più britannico che legato alla tradizione del nostro paese (tra l’altro tutti i testi sono in lingua inglese).
Si parte con l’electropop di Don’t Mean A Thing, poetica e dolce opening track, e si prosegue con i toni più cupi e rabbiosi di Call You Mine in cui le parti sintetiche spariscono per dare completo spazio al connubio voce e chitarra, voce che sembra contenere a fatica un profondo tormento. Il disco cede il passo alla malinconia blues di I’ll Be Dry, altro brano solo acustico, al leggero hip-hop di It’s a Long Way, Baby e all’atmosfera sognante e romantica di Sometimes. Chiude le danze For My Pretty Little Girl, unico pezzo solo strumentale di tutto l’EP.
Con questo lavoro, i siciliani da Black Jesus catturano l’attenzione e si pongono come una delle vere novità del 2014. Una specie di blues elettrico ed elettronico, un nuovo atteggiamento, un modo innovativo di fare musica.
Un disco che lascia senza fiato e con il cuore in frantumi. Attendiamo con impazienza un LP. E che sia della stessa intensità.
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