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Rainover: Transcending The Blue And Drifting Into Rebirth

I Rainover c’incantano con la voce di Andrea Casanova e il loro gothic metal macchiato di new wave. Transcending The Blue And Drifting Into Rebirth: album in giro già da un po’, ma di cui vale ancora la pena di parlare

Rainover

Transcending The Blue And Drifting Into Rebirth

(Wormholedeath records)

gothic metal

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Rainover Transcending The Blue And Drifting Into RebirthGli spagnoli Rainover ci offrono una rilettura interessante del gothic metal nell’album dal titolo particolarmente lungo Transcending The Blue And Drifting Into Rebirth. L’album non è nuovissimo, ma vale comunque la pena di parlarne.

Loro stessi definiscono la loro musica emotional dream-rock. Al di là delle nuove definizioni, c’è anche del nuovo contenuto.

Ma procediamo con ordine.

La band si forma a Murcia, in Spagna, nel 2003, ma registra il debut album Crystal Tears solo nel 2011. A quel punto tutto prende una nuova direzione, tanto da portare la formazione a cambiarsi di nome (prima si chiamavano Remembrances) e a scegliere una nuova voce, Andrea Casanova – che è una donna, perché come sapete Andrea nella cultura spagnola è un nome femminile.

La direzione musicale è l’unica cosa che rimane stabile, intorno cui il progetto continua a svilupparsi.

Ecco che sempre nel 2011 i nostri eroi volano in Italia, a Prato, dove registrano presso la MathLab Recording Studios il disco di cui ci occupiamo oggi.

Di primo acchito sembra la solita nuova formazione gothic con voce femminile, soave e pura, sostenuta in alcuni (rari) punti dalla voce maschile. Il classico duo stile La Bella e La Bestia, che piace tanto a chi segue questo filone.

Lo schema trito si ripete anche qui, ma devo dire che Andrea da sola sarebbe sufficiente per la riuscita dei pezzi. Non perché una controparte maschile non possa arricchire l’album, ma perché per la voce di Antonio Perea, a mio parere, si dovrebbero rivedere alcune scelte. Nelle parti pulite non c’è nulla da appuntare, ma la sua voce non si adatta al growling.

Può piacere lo stesso? Certo, ma visto il livello dell’album – anche dal punto di vista della registrazione – è meglio limare dove serve per mettere a fuoco il risultato finale.

Come dicevo prima di perdermi dietro la  questione delle voci, i Rainover potrebbero sembrare la solita cosa vista, ma basta anche un veloce ascolto per coglierne il tocco personale: in alcune canzoni potreste scambiarli per un gruppo new wave di nuova generazione (grazie anche alla voce pulita del maltrattato Antonio).

Provate ad ascoltare Cycles o Remembrances, che chiude l’album. Poi mi saprete dire.

Ecco che quella che sembrava una minestra riscaldata prende tutta un’altra piega.

È bello essere stupiti di quando in quando, no?

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Dafne Perticarini
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