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Sitra’s Monolith: recensione disco omonimo

Gli italiani Sitra’s Monolith tornano alle radici del rock confezionando un album che suona come una dichiarazione d’amore per un genere senza tempo

Sitra’s Monolith

s/t

(Videoradio)

hard rock, blues

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Sitra’s MonolithVi ricordate la canzone It’s Only Rock And Roll, But I Like It ? Questa è la frase che vi verrà in mente ascoltando l’album dei Sitra’s Monolith, dal titolo omonimo. Un hard rock venato di blues e southern rock perfetto nella sua essenza.

Come la migliore cucina italiana, anche con pochi ingredienti si possono avere risultati straordinari.

La semplicità di questo album è legata al ritorno alle radici del rock, essa è però sostenuta da una gran quantità di tecnica e cuore, qui in perfetto abbinamento.

Sveliamo il significato del nome della band: Sitra è una parte perduta del nome del chitarrista Fabrizio Zambuto, che ha recuperato per questo progetto, mentre il monolite simboleggia il suo rock granitico. Zambuto si è fatto le ossa studiando e suonando, sino ad arrivare sul palco dei prestigiosi Yamaha Six String Theory Competition e del National Guitar Workshop di Los Angeles- in quest’ultima competizione egli è arrivato primo nella sua categoria.

Sono pronti musica e testi, ma mancano dei compagni per dare vita al progetto: ecco arrivare il bassista Michele Mora e il batterista Manuel Togni, che insieme a Fabrizio formano i Sitra’s Monolith.

Non immaginatevi un album-alibi per sfoggiare della sterile tecnica di un solo musicista. Il disco è vivo e coerente, con grande coinvolgimento di tutti i componenti.

Dall’iniziale Breaking Bad, perfetto singolo rock blues, a Fading, pezzo sfumato e malinconico, non troverete brani zoppicanti.

Suoni moderni e puliti danno corpo a canzoni senza tempo, fedeli al puro rock americano  Dopo aver ascoltato Sitra’s Monolith desidererete di dover fare un lungo viaggio in auto per poter ascoltare in loop questo cd, mentre la strada scorre e voi fingete che i cieli del Texas non siano così lontani.

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Dafne Perticarini
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