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Club Voltaire: The escape theory

The escape theory è l'LP di debutto della band comasca Club Voltaire: un disco che prosegue il loro cammino fra il puro sound inglese e il pop moderno

Club Voltaire

The escape theory

(Lafleur)

pop, indie-rock

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Club Voltaire- The escape theoryDopo un discreto successo con i precedenti lavori minori, i Club Voltaire debuttano con il loro primo LP The escape theory. L’album è un viaggio senza tempo nella musica british di ieri e di oggi, dallo swinging anni ’60, al pop dei ’90, all’indie-rock di oggi. Il risultato? Una miscela di tracce che confermano il loro percorso di ricerca che tende ad unire sonorità vintage e moderne.

Club Voltaire è il nome di un antico ritrovo di dadaisti a Zurigo, ripreso prima della giovane band comasca dall’omonimo gruppo inglese che proponeva di unire elettronica e psichedelica. Da un affascinante ambiente d’avanguardia dunque, i Club Voltaire di The escape theory si collocano su un ponte che collega il fruttuoso mondo della rivoluzione musicale inglese con gli sviluppi pop più contemporanei, in un sound trascinante arricchito dalle voci dei diversi componenti che di canzone in canzone si passano il microfono e da strumenti vari che vanno dall’elettrico all’acustico alle sonorità particolari di trombe, clarini, pianoforti e sintetizzatori.

Marco Cantore, Antonio Gallo, Lorenzo Quadranti e Niccolò Meroni partecipano tutti attivamente alla riuscita del disco, che nasce tra i backstage dei live promozionali del loro primo EP About the surface e lunghe sessioni in studio. The escape theory è aperto dall’intro strumentale Rising star che dà proprio l’idea di qualcosa che nasce in sordina ma che si imporrà già con la seconda traccia Kingdom Fall che con i suoi ritornelli pop sa già il fatto suo. There is no sound è il singolo estratto che ha preceduto l’uscita del disco anche con un videoclip, un pezzo che tiene alto il livello complessivo ma che può essere facilmente scavalcato dal brano seguente Don’t, più ritmato e con passaggi più sofisticati. Piece of Beach e Weller sono invece le canzoni che più rivelano la spiccata influenza inglese di sperimentalismi e ricchezza corale che può risalire all’influsso dei Beatles da un lato e all’inclinazione mod di Paul Weller dall’altro. Le ultime tracce, soprattutto Back in time, l’acustica Friday 3 AM e Midnight Chance, in alcuni casi si allacciano ad esperienze melodiche alla Oasis e in altri ad un cantautorato giovane alla Paolo Nutini.

Tanti riferimenti e influenze però non rovinano l’esito complessivo che riesce ad intrattenere piacevolmente grazie ad una componente propria di originalità sita nelle voci differenti, che però nel complesso creano un risultato omogeneo, e nell’indiscussa bravura tecnica e meticolosa del missaggio. Un disco che può piacere, da ascoltare con leggerezza o da apprezzare nei suoi minimi dettagli.

 

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Ivonne Ucci
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