Skunk Anansie
Milano, Palasharp, 15 novembre 2009
live report
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Viene da pensare che gli organizzatori del tour della reunion degli Skunk Anansie non abbiano fatto bene i loro conti quando hanno proposto l’Alcatraz di Milano per la prima delle due date italiane. Già, perché la gente assiepata al Palasharp – location scelta in corso di vendita dei biglietti – avrebbe potuto tranquillamente riempire un Forum. Che non ci si aspettasse tanto attaccamento per una band lontana dalle scene da ormai quasi un decennio?
Certo è che un concerto di Skin e soci è uno di quegli eventi che non si dimenticano: la loro musica è pura energia e la loro presenza scenica ne è la costante espressione. Per quanto questo emergesse chiaramente dai loro album, la dimensione live è senza dubbio la loro realtà.
Dopo una mezz’oretta di buon intrattenimento ad opera dei The Chemist, gruppo spalla dalle chiare origini British e dallo stile pop-rock vagamente influenzato dai connazionali Bloc Party primo periodo, verso le 21.45 salgono on stage Ace, Cass e Mark per un’apertura d’effetto sulle note di Yes, it’s fucking political. Dai primi accordi di basso, noi adepti della zona transenna capiamo che la potenza degli amplificatori è destinata a “spettinarci”. Non aspettiamo altro.
Su Selling Jesus, prima traccia di Paranoid and Sunburnt, decisamente provocatoria in un paese come il nostro, sale sul palco un enorme pon-pon argentato, corolla di petali su un lungo e affusolato stelo nero di paillettes. E’ Skin, in tutta la sua potenza e giacchino di strisce metallizzate, che la nasconderà per tutta la durata della canzone. Ad accoglierla è un boato, al quale dal palco il gruppo risponde con un’intensità unica.
Segue una scaletta che non delude le aspettative: da Because of you, inedito estratto da Smashes and Trashes, raccolta di recente pubblicazione, ai grandi classici dalla potenza dirompente (I can dream, Charlie Big Potato e Twisted), alle struggenti ballate impreziosite dalla virtuosa voce di Skin (Hedonism, Secretly, Brazen, Weak e You’ll follow me down).
Tutto fila più o meno liscio, se si tralasciano i piccoli problemi tecnici che hanno costretto la band a un paio di battute d’arresto su pezzi come Twisted: nemmeno l’assenza di alimentazione agli amplificatori riesce a fermare Skin, che incita il pubblico, fa stage diving e si erge a novello profeta che cammina sulle acque di un mare di folla. E’ energica, vitale e perfetta nella sua esecuzione, anche avvolta alla spirale del pubblico o in condizioni tecniche avverse.
Come ho detto all’inizio, un concerto degli Skunk Anansie è spettacolo allo stato puro, maestria che trapela da ogni singolo strumento (e Cass ne è un esempio vivente) e potenza racchiusa nella splendida voce di Skin, anima, corpo e leader dall’innato magnetismo. Ancora una volta dobbiamo dire grazie alle reunion che ci permettono, a distanza di anni, di godere di musicisti di questo calibro.
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