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Reptile Youth: Rivers That Run For A Sea That Is Gone

Rivers That Run For A Sea That Is Gone, dei danesi Reptile Youth, fa moda e tendenza anche in luoghi dove la creatività e la goliardia dei suoni è di casa

Reptile Youth

Rivers That Run For A Sea That Is Gone

(Autoproduzione)

electro-pop, wave

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[youtube id=”fZK4CWmd7CA” width=”620″ height=”360″]

reptile-youth-rivers-that-run-for-sea-that-recensione-albumSecondo disco per la coppia di Copenaghen, i Reptile Youth (Esben Valloe e Mads Daamsgard Kristiansen). Rivers That Run For A Sea That Is Gone è un disco dai suoni malinconici ed evocativi ben noti che hanno saputo conquistare una vastissima platea di amanti di atmosfere Ottantiane poetiche e decadenti, quelle che hanno come padri putativi Gang Of Four, The Rapture o  Cut Copy.

Magari non proprio un di quei lavori da brividi dietro la schiena, piuttosto un lavoro dall’incedere tranquillo, senza scossoni o frontiere da scoprire, un estetico mix di electro-pop, velature wave e filamenti psichedelici che fanno saliscendi lungo una tracklist raffinata ed elegante.

Quarantotto minuti e pochi secondi di musica con emozioni in grigio, a tratti sporcate con sbalzi umoristici, deliziose intrusioni pop (Structures) e piccole trasfusioni epic-rock (JJ) che danno la scossa giusta e sostanze solubili all’ascolto in generale.

Dieci brani in scaletta che tra strumenti a caldo o analogici reinventano – ammodernandola – l’indole plastificata dell’epopea wave di riferimento, un susseguirsi di suoni, tempi e ritmi tutti da ballare e consumare in mosse e luci strobo che paiono non avere mai fine, ogni giro che finisce è l’inizio di un altro e così via fino al capolinea.

Il sapore retrò è ovunque e la patina mid-vintage altrettanto, quello che il duo danese mette sul banco di prova è una centrifuga radiofonica irrefrenabile , una sorta di mix-tape che riflette l’anima sfaccettata di una generazione influenzata dal pretesto del nichilismo, ma che comunque racchiude nel suo cerchio sonico anche la motivazione primaria e speciale di darsi in pasto a nuovi cultori di “sguardi imbronciati”, e la cosa riesce alla grande, veramente alla grande.

Chitarre, urletti, singulti, falsetti ed espressioni possedute sono la carica di questo lotto, echi U2 in Colours, per poi proseguire con Where all in here e il lampo digitale della titletrack, l’inno clubbers disco Two hearts o il finale rumoristico di Diseased by desire fanno parte della macchina sonora dei Reptile Youth, il respiro electro che, del profondo Nord, è pronto per colonizzare concerti e mode anche qui, nell’Europa poco più sotto.

 

 

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