Loop
Roma, Circolo degli Artisti, 25 novembre 2013
live report
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Una reunion ad orologeria, con già fissata la data di scadenza, lascia sempre l’amaro in bocca, il sapore di una cosa fatta per mero mercimonio. Così come quella dei Loop, band che negli anni ’90 a base di shoegaze e di noise (ri)prendevano il gusto per le distorsioni e i muri di suono tipici dei My Bloody Valentine, ma senza averne un briciolo della complessità compositiva.
Dopo quattro dischi e alcuni cambi di formazione Robert Hampson gettò la spiugna e si dedicò all’ambient col progetto Main, ma nel frattempo aveva fatto in tempo a raccogliere proseliti in tutto il mondo con la sua miscela di space rock, atmosfere oscure, psichedelia rumorosa e tonnellate di effetti per chitarra.
Al Circolo degli Artisti, a dispetto della partita della Roma e del freddo pungente, li accolgono circa 300 attempati nostalgici, memori di una esibizione al fulmicotone al Piper di venti e passa anni orsono.
Il centro della scena è vuoto, seconda chitarra e basso sono ammucchiati sulla destra del palco, mentre l’incanutito Hampson è a sinistra. Luci sparate in faccia al pubblico, coltre di fumo (anche delle sigarette di alcuni maleducati astanti), volume sparatissimo: tutto dovrebbe portare il pubblico in una specie di stato di trance indotta da pochissimi accordi ripetuti all’infinito, provenienti direttamente dall’inferno di feedback e noise delle diverse decine di scatole effetti che i “nostri” maneggiano.
Ma non tutto va liscio come l’olio. Il pubblico ormai è parecchio più disincantato e riconosce i semplici riff di matrice blues saccheggiati da Loop, masticati e risputati in faccia a un pubblico più stordito dal volume che dalla musica in sé. La prova del tempo non lascia indenne una proposta e una cifra stilistica davvero datata.
A peggiorrare le cose la brutta, bruttisima sensazione che i Loop stiano facendo un compitino, da bravi scolaretti, ma…. ino ino ino: dopo 70 minuti è tutto finito, fra ringraziamenti di rito e tiepidi applausi
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