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The Icarus Line: Slave Vows

Slave Vows degli The Icarus Line parla e suona dell’incapacità di interpretare un mondo cretino come lo si intende secondo il suo assetto normale, vale a dire dalla testa a i piedi

The Icarus Line

Slave Vows

(Agitaded Records)

rock, psichedelia, garage, noise

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[youtube id=”OnPkWxSlW7k” width=”620″ height=”360″]

The Icarus Line- Slave VowsGli umori impossibili di una psichedelia bastarda coniugati con repellenze stoogesiane, ovvero la nevrosi folle che i losangelesini The Icarus Line ravvivano in un deliro desertico e dolorante.

Da tempo Aaron North è oramai finito nella desolazione programmatica di un suo male e The Icarus Line sono sulla strada giusta per immolarsi nell’Ade più oscuro che ci si possa immaginare; alla faccia dei buoni sentimenti, la formazione americana viaggia con Slave Vows nei tratti notturni primordiali di un certo garage impigliato nel noise, industrialismo fusionista che sopprime quasi ogni forma di idealismo e tranquillità per incamminarsi alla ricerca di un qualcosa in cui perdersi continuamente.

Disco autolesionista e stramaledettamente imperdibile quello che la band di Joe Cardamone lancia attraverso nenie e puzze di chiaviche otturate, una sequenza di masochismo e tecniche “misticheggianti” che presto danno forma ad un ascolto compulsivo e per stati d’animo agitati al massimo. Atmosfere allo zolfo e dolori lirici che non si esauriscono mai, un suono totale che incanta tra le sue spire fragorose e dove il tormento è l’alta percentuale dell’indole, echi, riverberi, sangue, torpori freddi, albe balorde e le rabbie soniche di certi Jesus Lizard e Jesus And Mary Chain fanno ping pong in ogni direzione d’ascolto, un mènage sonoro che assomiglia ad una pugnalata distorta, dolorante e connaturata con la perversione ridestata della band.

Chitarre zigrinate, voce ossessa illuminata da un passo drogato, tempi e tempistiche fulminanti per tracce che sembrano registrate dentro flaconi di metedrina dove tutto è sempre a livello d’angoscia, a livello di una sublime danza malefica; se la dimostrazione claustrofobica della musica si può supportare da apparizioni mefistofeliche, i nostri rispondono perfettamente all’evento, e a testimoniarne le “virtù” propedeutiche possono bastare le tensioni desertiche e maledette di Dark circles, Laying down for the man, il cortocircuito elettrico che incendia la buckleyana Don’t let me save your soul e Dead boy, per finire alla corte dei Porno for Pyros con la piroettante Rats ass, degno finale di un incubo magniloquente di watt, insonnie e baratti d’anima.

The Icarus Line con Slave Vows hanno realizzato un bel capolavoro sconvolto.

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Max Sannella
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