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Peter Gabriel: And I’ll Scratch Yours

Generalmente i lavori che vedono una gestazione travagliata non danno mai risultati ottimali. Anche Peter Gabriel non si sottrae a questa regola con And I’ll Scratch Yours

Peter Gabriel

And I’ll Scratch Yours

(CD, Real World)

elettronica, rock

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[youtube id=”3kYbmTMbinQ” width=”620″ height=”360″]

Generalmente i lavori che vedono una gestazione travagliata non danno mai risultati ottimali. Anche Peter Gabriel non si sottrae a questa regola con And I’ll Scratch Yours. Facciamo un passo indietro. L’ultimo disco dell’artista inglese Scratch My Back del 2010 era stato un album di cover, in cui l’ex Genesis si era preso la briga di reinterpretare alcune canzoni di grandi big, come Arcade Fire, Talking Heads, Radiohead, David Bowie, Bon Iver, Paul Simon, e nel suo intento sarebbe dovuto uscire un disco quasi “gemello” in cui questi artisti avrebbero potuto fare la stessa cosa con il repertorio di Peter Gabriel. L’intento originario era questo ma dopo ben 3 anni ha visto la luce l’album gemello, con alcune canzoni già che si sono potute ascoltare su Youtube o SoundCloud. Mettiamoci pure che qualcuno, vedasi Radiohead, Neil Young e David Bowie, non avevano gradito a suo tempo la libera reinterpretazione di Peter Gabriel, fatto che ha portato ad un loro cortese “No grazie” , e già si può capire come quest’album non sia nato proprio sotto una buona stella.

E il risultato lascia un po’ perplessi. Perché se doveva essere un disco in cui gli artisti invitati avrebbero potuto dare sfogo alla loro creatività, ci troviamo di fronte a qualcosa di riuscito a metà. Da una parte qualcuno che si è messo d’impegno a stravolgere il repertorio dell’ex Genesis. Su tutti, quei “geniacci” degli Arcade Fire che prendono Games Without Frontiers e la trasformano quasi come fosse un pezzo del loro repertorio. Convince anche Come Talk to Me che Bon Iver fa diventare un pezzo folk da ascoltare tutto d’un fiato, o il grande Lou Reed che stravolge Solsbury Hill in un pezzo rock onirico, o ancora Shock the Monkey che diventa un pezzo rock angosciante di Joseph Artur e Brian Eno con Mother of Violence trasformato in un pezzo shoegaze. E gli altri? Con gli altri i risultati sono alquanto deludenti. Sia David Byrne con l’inascoltabile e bizzarra I Don’t Remember che Randy Newman con Big Time non danno molto alla causa. Poi alcuni artisti non fanno altro che reinterpretare i pezzi originali, come Regina Spektor che presta la sua bella voce per Blood of Eden, Stephen Merrit che tocca appena Not One of Us, idem per Elbow che in coppia con l’ex Genesis interpretano Mercy Street e Feist in Don’t Give Up, mentre Beko vede la chitarra e la voce dell’inossidabile Paul Simon.

Peter Gabriel aveva in testa un lavoro che sarebbe potuto essere veramente interessante, visto che in genere pochi permettono ad altri di toccare il loro repertorio, ma forse la scarsa vena creativa di qualcuno, o le direttive dello stesso Gabriel chi può dirlo, non ci permette di gustare un lavoro riuscito fino in fondo.

 

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Matteo Valeri
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