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Pliskin: Quando Arriva La Sera

Quando Arriva La Sera è fatto di dieci canzoni, tutte cantate in italiano; dieci storie di vita vissuta o sognata, dieci quadretti di rara intensità emotiva. Il roco si può cantare in italiano. E pure senza stordire le orecchie dell'ascoltatore

Pliskin

Quando Arriva La Sera

(Cd, Autoproduzione)

rock

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Pliskin_cover_layerAttivi da circa tre anni nella cinta milanese, i Pliskin proprio non sono delle iene, come il loro nome, preso di peso da un personaggio di John Carpenter, vorrebbe far presagire. Sono invece una band fatta di ottimi musicisti, che scrivono e suonano la loro musica con viscerale passione.

Quando Arriva La Sera è fatto di dieci canzoni, tutte cantate in italiano; dieci storie di vita vissuta o sognata, dieci quadretti di rara intensità emotiva.

La scrittura musicale è serena, senza particolari aggressioni e senza nulla concedere alle facili melodie, ma in grado di regalare agli ascoltatori parecchie soddisfazioni.

Se vogliamo il punto debole di questo pur interessantissimo disco è il cantato; non è niente male, per carità. E’ denso, con una buona intonazione e spesso emozionante, ma nei dieci episodi dell’album s’esprime in una specie di riassunto di tutto il rock italiano (e non solo) di qualità. Mano a mano che scorre la tracklist vi troviamo tracce della lezione canora della scuola wave fiorentina, via via fino addirittura allo stile di Pier dei Velvet, mentre Il Giorno Che Va Via, in testa alla mie personali preferenze tra le canzoni di questo lotto, rimanda addirittura a un sommesso Robert Smith d’annata.

Il bello dei Pliskin è che non sono dei ragazzini gasati e sballati come ne son piene le cantine di tutta Italia, bensì dei placidi musicisti che affrontano con dedizione e disincanto la loro passione per la musica (Nel Disincanto), che mettono in mostra il loro talento compositivo non con virtuosismi fini a sé stessi, ma mettendosi al servizio della canzone (Il Giorno Che Va Via), e concedendosi anche qualche divagazione psichedelica (Vibra). E per finire, un plauso anche al curatissimo artwork dell’album.

Insomma, i Pliskin sono convinti e dimostrano che per fare buon rock non bisogna necessariamente né cantare in inglese né tautomero stordire le orecchie del malcapitato ascoltatore; la loro musica è invece una vera e propria “carezza rock”, la loro scrittura in grado di soddisfare sia chi la musica la suona e sia chi invece preferisce concentrarsi sulla qualità delle composizioni e dei testi. Areee di miglioramento: la ricerca di un cantato più personale.

P.S.: l’album è ascoltabile interamente in streaming sul Myspace della band, scaricabarile da qui http://www.pliskin.eu/, lo stesso sito dove si può ordinare per 5 euro il Cd.

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Massimo Garofalo
Massimo Garofalo

Critico cinematografico, sul finire degli anni '90 sono passato a scrivere di musica su mensili di hi-fi, prima di fondare una webzine (defunta) dedicata al post-rock e all'isolazionismo. Ex caporedattore musica e spettacoli di Caltanet.it (parte web di Messaggero, Mattino e Leggo), ex collaboratore di Leggo, il 4 ottobre 2002 ho presentato al cyberspazio RockShock.
Parola d'ordine: curiosità.
Musica preferita: dal vivo, ben suonata e ad altissimo volume (anche un buon lightshow non guasta)

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