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Alberto Radius: Banca d’Italia

Banca d’Italia segna il ritorno di Alberto Radius dopo otto anni di assenza dal panorama discografico italiano. Si tratta di un artista che cavalca la scena musicale del nostro Paese da ormai una cinquantina d’anni sotto diverse vesti: compositore, cantante, chitarrista, arrangiatore, produttore

Alberto Radius

Banca d’Italia

(CD, Videoradio)

pop, rock, canzone d’autore

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Banca d’Italia segna il ritorno di Alberto Radius dopo otto anni di assenza dal panorama discografico italiano. Si tratta di un artista che cavalca la scena musicale del nostro Paese da ormai una cinquantina d’anni sotto diverse vesti: compositore, cantante, chitarrista, arrangiatore, produttore.

Il nuovo disco Banca d’Italia percorre in 15 brani (scelta coraggiosa!) diversi aspetti e generi della tradizione italiana: il cantautorato, il folk, il pop-rock, alternando momenti anche interessanti a momenti decisamente meno vivi.

Alberto Radius con questo lavoro non scopre nulla di nuovo ma offre una “passeggiata” forse piacevole per gli amanti del genere. Nel complesso Banca d’Italia manca sicuramente di incisività, considerata anche la lunghezza, gli arrangiamenti si ripetono fra loro e la voce è a momenti un po’ forzata.

L’influenza del cantautorato si fa sentire nei testi: fortemente legato all’attualità, ai problemi del Paese, l’aspetto letterario del disco è carico di critiche sociali. In questo senso il brano Banca d’Italia è la perfetta introduzione al disco. A proposito di questo pezzo, non si può non notare una certa affinità nello stile musicale e nel modo di cantare con Edoardo Bennato.

Altro brano di critica sociale è Talent Show: una irriverente descrizione, veritiera e scherzosa sulla filosofia superficiale che si cela dietro questi programmi televisivi e sull’idea di talento e passione che questi hanno trasmesso alla nostra cultura popolare. Vena umoristica quanto meno divertente, adagiata su una musica folk che non si prende per niente sul serio.

Il brano con influenze più “popolari” è il Tango di Dedalo, che sembrerebbe scritto da Vinicio Capossela, con quel suo pianoforte danzante e la voce scanzonata e quasi un po’ svogliata.

Arrangiamenti e atmosfere  diverse in Colombo e l’Uovo, che strizzano l’occhio al pop-rock con la presenza di chitarre distorte e batterie dalle dinamiche leggermente più alte.

L’aspetto melodico è tipicamente mediterraneo, così come gli arrangiamenti; Dusserdolf, nonostante il titolo straniero, ne è un esempio lampante e La Creazione è “colorata” dai violini che hanno un sapore del mezzoggiorno. In generale il sound, per la scelta dei suoni e per il missaggio, è assolutamente italiano al cento per cento.

Non mancano momenti orchestrali, come in Nell’Universo Mondo, in cui non si abbandona però la chitarra elettrica, che resta, come in altri brani, a creare fraseggi e abbellimenti in sottofondo.

Dimmi chi ha Vinto è una interessante ballata, che crea una bella atmosfera. Apre con un riff di synth per poi spostarsi su arrangiamenti completamente diversi più consoni al pop.

Countdown cerca di esplorare territori diversi, è il brano forse più ricercato del disco. Con una batteria ripetitiva, stile drum machine nella musica elettronica, passa dal rock a momenti più eterei con arrangiamenti di archi e violini. Questo è forse quello che mi aspetterei da una persona che suona da molti anni ad alti livelli, il fatto di sperimentare e osare un po’ piuttosto che ripercorrere strade già battute.

Ma la composizione e l’arrangiamento sono ovviamente un fatto del tutto personale e intimo.

Da evitare se siete in cerca di qualcosa di nuovo e di sconvolgente, se al contrario volete qualcosa che sintetizzi l’attuale pop-folk italiano questo disco ne è un ottimo esempio.

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Matteo Senese
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