Marbara
Per Una Pelle Vecchia e Sincera
(Cd, Gasterecords)
alternative rock
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Dopo essere confluiti nel 2009 dall’esperienza di due gruppi del bergamasco, i Marbara hanno realizzato un minialbum e pubblicato tre anni più tardi Per Una Pelle Vecchia e Sincera, il primo disco autoprodotto, preso in carico poi dalla Gasterecords. Il moniker deriva da due ammalianti fanciulle “elegantemente iene” e se all’epoca dell’omonimo demo le canzoni erano figlie di una certa fretta ed inesperienza, anche se è da riconoscere che Aria Salata e NF2 mostravano una discreta capacità di songwriting, questi tre anni di lavoro hanno restituito un prodotto con un bel sound vigoroso, dettato dalle radici timbriche del tipico rock alternativo.
Bacchette in azione e vagiti elettrici aprono Ventanni, prima traccia burrascosa che ci mostra un quartetto ben determinato dalla voce netta ed aggressiva e un muro sonoro di stampo grunge, non grandi arrangiamenti ma si nota l’interesse di lavorare su alcuni cambi di tempo all’interno del pezzo. Si passa Nel Metroquadro, più uniforme della precedente ma che si conclude con un’interessante coda noise di chitarra, e una sarcastica Miss (Mi Inietto Solo Silicone) chiara invettiva a chi, oltre alla chirurgia plastica per apparire più gradevole, prova a rifarsi pure i sentimenti con scarso successo.
Meno di un minuto l’irriverente e sonico Colonman, breve spot a chi si abbuffa senza ritegno con tanti saluti al colon. Le chitarre sono dirette, senza assoli né strumenti di contorno. Salvo La Danza della Formica, unico brano in acustico, gli accordi distorti impregnano il disco per la volontà di essere immediati, arrivare subito al punto senza tanti giri con un rock schietto che tiene sulle corde l’ascoltatore colpito all’angolo da energici uno-due allo stomaco.
Il Gettone, con quel retrogusto di Bush post-grunge a cavallo del nuovo millennio, è il brano che raccomanderei per un assaggio: è la fotografia-accusa della situazione nei locali bergamaschi dove le band si esibiscono come un juke box per portare più clienti al locale e non più musica ai clienti. Giovani ma attenti a ciò che gli circonda, raccontano con canzoni come Extracojo un malinconico e sfiduciato futuro dettato dal precariato, trappola sociale dei nostri tempi. Pop and Roll è l’unica a non essere eseguita in italiano.
Il finale viene lasciato alle istantanee quotidiane riottose di Ritmo Urbano. I dieci brani sono presentati attraverso un cofanetto in cartoncino, con i testi ripegati all’interno del booklet curato dal bassista-fotografo Marco Ronzoni. L’album scorre in mezz’oretta e comincia a ronzarmi nelle orecchie anche quando non ho le cuffie, dimostrando di averci preso. Per loro stessa ammissione “non hanno fatto nulla di speciale”, ma il cuore c’è. Una lieve evoluzione con pochi e misurati arrangiamenti, un paio di riff a modo e un’introspezione appofondita possono regalarci al prossimo disco un’altra buona band da seguire con attenzione, visto che la strada mi pare ben segnata.
Myspace: www.myspace.com/marbaraband
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