Muse
Stadio Olimpico, Torino, 28 giugno 2013
live report
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I Muse sono una macchina da guerra. Niente nei loro live è lasciato al caso; tutto, dalla scenografia alla scelta delle canzoni, è curato nei minimi dettagli. E si vede.
Impossibile rimanere delusi da una loro performance, e Torino non fa certo eccezione.
Entrando nello Stadio Olimpico per la prima delle tre date italiane in programma (di cui la seconda sempre nella capitale piemontese la sera successiva), l’occhio cade sul mastodontico allestimento del palco, che si protrae per mezzo di una passerella fino al centro del parterre per dare vita a una sorta di second stage. Grandi colonne si ergono ai lati dei maxischermi; in realtà, sarà proprio questa spettacolare scenografia a ritardare l’inizio del concerto, dalle 20.45 riportate sul biglietto, alle 21.30. Solo con il calar della sera e il favore delle tenebre, infatti, le fiamme lampeggianti che usciranno da quelle colonne potranno letteralmente ‘infiammare’ gli animi.
Sulle note di Unsustainable, uno dei pezzi strumentali di The 2nd law, si spengono le luci: sul palco salgono Matthew Bellamy, Dominic Howard e Chris Wolstenholme, che guadagnano la loro posizione e attaccano con Supremacy.
Folla in delirio, un po’ per la musica, che sin da subito si dimostra all’altezza delle aspettative, un po’ per gli effetti scenici, che vanno ben oltre le più rosee aspettative.
La scaletta è come da copione un giusto mix tra vecchio e nuovo, sapientemente arricchito da omaggi e citazioni di vario tipo (da Morricone in Knights of Cydonia a The House of the Rising Sun in Time is running out).
Ogni canzone è abbinata a una serie di immagini proiettate sui maxischermi: assolutamente da citare Panic Station, sulle cui note danzano una serie di avatar che rappresentano personaggi chiave della realtà contemporanea, da Putin a Obama al Papa.
Ma i Muse non si limitano a eccitare la folla con i deliri di chitarre di Plug in Baby (cantata – ça va sans dire – a squarciagola dall’intero stadio) e le splendide jam di basso e batteria che fanno da intro e outro, ma regalano un vero spettacolo a 360°, con tanto di attori chiamati a dare corpo ai versi di brani come Animals e a quella egemonia delle banche che sta impoverendo la popolazione (mentre sullo sfondo scorrono i titoli del Nasdaq) o Feeling Good e alla necessità viscerale di ribellarsi alla routine imposta dalla società e di regalarsi una nuova vita.
Impossibile staccare gli occhi dal palco: che si tratti di immagini registrate o in real time, creano un connubio inscindibile con la musica.
Bellamy e soci proseguono la loro marcia trionfale fra momenti più intimi (Explorers) ed esplosioni rock (Hysteria), la cui potenza è limitata solo dalla scarsità di decibel messi a disposizione dalla giunta comunale. Time is running out e Stockholm Syndrome, entrambe estratte da Absolution, terzo album in studio, chiudono la prima parte di live. Non si tratta di una vera e propria interruzione, in realtà, ma semplicemente di uno spostamento.
Se finora il second stage e la passerella sono serviti solo a qualche ludica incursione di Matt e Chris, con Unintended i tre al completo si muovono intorno a una snella postazione batteria per una serie di pezzi (Blackout, Guided Light e Undisclosed desires).
E proprio sulle note di Blackout, l’enorme pallone a forma di lampadina seminascosto dal palco si accende e inizia a muoversi sulla folla. Da lì a poco ne uscirà l’attrice di prima che volteggerà sul prato dello stadio di Torino lanciando coriandoli colorati. Non c’è che dire, in quanto a effetto sorpresa non sono secondi a nessuno.
La band esce ancora una volta e rientra per una serie di bis: il robot Charles ci traghetta prima verso l’attesissima Supermassive Black Hole e poi Survival, l’inno delle Olimpiadi di Londra 2012. Il tempo di un altro paio di brani (Uprising e Starlight) e si spengono le luci sulla prima delle due date torinesi del terzetto di Teignmouth. Che è stata spettacolare sotto ogni punto di vista.
A chi li taccia di essere un po’ troppo perfettivi e asettici, ricordo che siamo di fronte a tre professionisti con la P maiuscola, attenti ai suoni e alla costante ricerca di uni stile unico e distintivo. A chi invece critica l’uso eccessivo di orpelli scenici, ricordo che per loro non sono di certo trucchetti il cui fine è mascherare una performance musicalmente poco valida. Occorre quindi arrendersi all’evidenza: i Muse sono un mix perfetto di genio e sregolatezza. O li odi, o li ami. Non ci sono mezze misure.
Setlist:
– The 2nd law: Unsustainable
– Supremacy
– Panic Station
– Plug in baby
– Map of the problematique
– Resistance
– Animals
– Knights of Cydonia
– Dracula mountain
– Explorers
– Interlude
– Hysteria
– Feeling good
– Follow me
– Liquid state
– Madness
– Time is running out
– Stockholm syndrome
Second stage
– Unintended
– Blackout
– Guiding light
– Undisclosed desires
Encore
– The 2nd law: Unsustainable
– Supermassive black hole
– Survival
Encore
– The 2nd law: Isolated system
– Uprising
– Starlight
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