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Alice in Chains: Black Gives Way To Blue

Tornano anche gli Alice in Chains a distanza di 14 anni con un disco che non li sfigura affatto assieme alle loro atmosfere sofferenti di grunge oscuro

Alice in Chains

Black Gives Way To Blue

(Cd, Virgin/EMI)

grunge

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Alice in Chains- Black Gives Way To BlueFa strano sentire di nuovo gli Alice in Chains dopo così tanti anni, considerando che l’ultimo album in studio è del 1995, e di mezzo c’è stata la triste scomparsa del singer Layne Staley, portato via dall’eroina. Per i neofiti, gli Alice sono stati uno dei quattro cavalieri dell’Apocalisse del grunge nella prima metà degli anni 90 insieme a Pearl Jam, Nirvana e Soundgarden. Mettiamoci dentro anche gli Stone Temple Pilot e i cavalieri fanno 5, ma indubbiamente gli Alice sono riconosciuti come un’icona di quegli anni.

Al posto di Staley troviamo William DuVall, già da tempo assoldato dal chitarrista Cantrell per portare in giro ancora qualche brano in qualche occasione capitata per suonare un po’ davanti al pubblico. DuVall proviene dai Comes With the Fall, band con all’attivo quattro dischi. La voce di DuVall si sposa bene con i brani suonati dal resto della band, e non intendo fare ingiusti paragoni con quella del suo predecessore.

Black Gives Way To Blue è composto da 11 brani di buona fattura, per un ritorno imprevisto e quindi molto gradito. Le atmosfere acide e tormentate dei pezzi gettano manciate di sonorità aggressive e oscure plasmando un mood angosciante e sofferto. Cantrell sguaina la chitarra dal fodero e attacca l’ampli sfoggiando riff semplici, ripetitivi ma nel pieno rispetto del suo stile.

Sia chiaro, le cadenze ritmiche piombano sempre sulle stesse linee melodiche dalle tonalità mestose e decadenti, in tutto e per tutto troviamo i suoni opprimenti di sempre in brani come Last of My Kind e nei 7 minuti di A Looking in View, quello che ci aspettavamo. Ma è proprio questa sensazione funerea il marchio di fabbrica degli Alice in Chains, non i temuti ritornelli fru fru pop che possono, di questi tempi, convincere una vecchia band a rimettersi assieme per guadagnare qualche spicciolo rincitrullendo vecchi fans.

Alcuni brani come Lesson Learned sono piacevolmente ossessivi da ascoltare nei loro giri lamentosi, mentre arpeggi metal condizionano la ritmica di canzoni quali l’opener All Secret Know e Take Her Out. Ottime anche Private Hell e l’acustica Your Decision che riporta alla memoria i loro gioielli unplugged.

Il disco si chiude con una struggente Black Gives Way To Blue accompagnata al pianoforte da Elton John, un omaggio all’ex vocalist scomparso, che lascia certi brividi nel finale. Assolutamente un ritorno sincero che non scontenterà i fan di vecchia data se non cercheranno a tutti i costi un clone di Dirt.

Sito web: www.aliceinchains.com

Alice in Chains

Black Gives Way To Blue

(Cd, Virgin/EMI)

grunge

4/5

Fa strano sentire di nuovo gli Alice in Chains dopo così tanti anni, considerando che l’ultimo album in studio è del 1995, e di mezzo c’è stata la triste scomparsa del singer Layne Staley, portato via dall’eroina. Per i neofiti, gli Alice sono stati uno dei quattro cavalieri dell’Apocalisse del grunge nella prima metà degli anni 90 insieme a Pearl Jam, Nirvana e Soundgarden. Mettiamoci dentro anche gli Stone Temple Pilot e i cavalieri fanno 5, ma indubbiamente gli Alice sono riconosciuti come un’icona di quegli anni.

Al posto di Staley troviamo William DuVall, già da tempo assoldato dal chitarrista Cantrell per portare in giro ancora qualche brano in qualche occasione capitata per suonare un po’ davanti al pubblico. DuVall proviene dai Comes With the Fall, band con all’attivo quattro dischi. La voce di DuVall si sposa bene con i brani suonati dal resto della band, e non intendo fare ingiusti paragoni con quella del suo predecessore.

Black Gives Way To Blue è composto da 11 brani di buona fattura, per un ritorno imprevisto e quindi molto gradito. Le atmosfere acide e tormentate dei pezzi gettano manciate di sonorità aggressive e oscure plasmando un mood angosciante e sofferto. Cantrell sguaina la chitarra dal fodero e attacca l’ampli sfoggiando riff semplici, ripetitivi ma nel pieno rispetto del loro stile.

Sia chiaro, le cadenze ritmiche piombano sempre sulle stesse linee melodiche dalle tonalità mestose e decadenti, in tutto e per tutto troviamo i suoni opprimenti di sempre in brani come Last of My Kind e nei 7 minuti di A Looking in View, quello che ci aspettavamo. Ma è proprio questa sensazione funerea il marchio di fabbrica degli Alice in Chains, non i temuti ritornelli fru fru che possono, di questi tempi, convincere una vecchia band a rimettersi assieme per guadagnare qualche spicciolo rincitrullendo vecchi fans.

Alcuni brani come Lesson Learned sono piacevolmente ossessivi da ascoltare nei loro giri lamentosi, mentre arpeggi metal condizionano la ritmica di canzoni quali l’opener All Secret Know e Take Her Out. Ottime anche Private Hell e l’acustica Your Decision che riporta alla memoria i loro gioielli unplugged.

Il disco si chiude con una struggente Black Gives Way To Blue accompagnata al pianoforte da Elton John, un omaggio all’ex vocalist scomparso, che lascia certi brividi nel finale. Assolutamente un ritorno sincero che non scontenterà i fan di vecchia data se non cerchano a tutti i costi un clone di Dirt.

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