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Casa del Vento: Giorni dell’Eden

Dopo la proficua collaborazione con Patty Smith, che li considera una della realtà più interessanti della musica italiana, i Casa del Vento tornano con il loro ottavo album in studio, con il quale dimostreranno anche ai più scettici che non se la sanno cavare bene solo con il folk

Casa del Vento

Giorni dell’Eden

(Cd, Mescal)

combat folk

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Casa del vento- Giorni dell'EdenNegli anni il nome Casa del Vento è andato spesso a braccetto con quello dei Modena City Ramblers: stesso genere musicale, il folk, e stesso intento, quello della denuncia e dell’impegno sociale. Oltre a muoversi all’interno del medesimo ambiente, hanno collaborato in varie occasioni, producendo addirittura un album con Cisco. Col passare del tempo, però, si sono aperti a influenze diverse che hanno fatto evolvere il loro percorso, delineando in modo più personale la loro musica. E l’incontro con la sacerdotessa del rock Patty Smith è sicuramente un evento chiave all’interno di questo processo di cambiamento, che trova tutta la sua espressione nel nuovo album Giorni dell’Eden.

Giorni dell’Eden ha un titolo alquanto evocativo: la religione, nella sua accezione più laica, è un elemento che ritorna prepotente nelle 11 tracce che compongono l’ottavo lavoro in studio della band aretina. E’ l’espressione dei lamenti di chi si merita l’Eden, un proprio paradiso, di chi cerca una qualche forma di salvezza. Mille quindi i richiami biblici, anche se nella realtà diventano un pretesto per raccontare storie quotidiane, molto più vicine a noi: Hurriya parla della primavera araba (argomento toccato anche dai cugini emiliani nel loro ultimo album), La parola rende uguali è un inno alla libertà di istruzione e al potere liberatorio della parola, e L’inferno e la bellezza cita il tragico omicidio di due venditori senegalesi avvenuto nel 2011 ad opera di un invasato con idee filo-fasciste.

Sebbene le sonorità che fanno da accompagnamento a queste liriche fortemente sociali siano di matrice folk irlandese, traccia dopo traccia si aprono a contaminazioni di varia natura, come se da veicolo principe si trasformasse in semplice collante tra generi diversi che sono proprio il frutto di tutta una serie di collaborazioni. Fra le altre, le già citate Hurriya e L’inferno e la bellezza: la prima termina con un rap dell’artista marocchino Youss Yakuza, mentre la seconda fa un salto nel crossover grazie a Daniele Sanzone degli ‘A67. Per non parlare della title track, suonata da Lenny Kaye, chitarrista di Patty Smith, che le dà un tocco più cantautorale.

Non poteva ovviamente mancare il rock, da sempre presente nella musica del sestetto aretino, che trova piena espressione in Just Breathe, cover dei Pearl Jam. Un omaggio molto fedele all’originale, e che è stata scelta proprio perché riprende il tema dell’amore e delle sue fragilità, che per la band è considerato un elemento qualificante contro la sofferenza umana. E che, al di là di tutto, rientra perfettamente nell’idea di fondo di questa produzione.

E se non poteva mancare il rock, non poteva mancare nemmeno un momento intimista come quello di Berlin Serenade, molto poetica e carezzevole. (come non tornare con la mente a Ninnananna dei già citati MCR?)

Giorni dell’Eden è un album pieno di spunti e riflessioni, seppur omogeneo nell’insieme e fedele alle tematiche che caratterizzano il lavoro dei Casa del vento sin dagli esordi. Che però è stata capace di crescere e di allargare i propri orizzonti senza cristallizzarsi in un cliché, di successo forse, ma che avrebbe fatto di loro l’ennesima band che nel corso degli anni ha esaurito quello che aveva da dire.

 

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Simona Fusetta
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