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Children Of Bodom: Skeletons In The Closet

Album di cover per il gruppo finlandese, ancora non pienamente tornato all'antico splendore ma che ci assicura più di un'ora di buona musica. Ovviamnente con il loro, sempre garantito, marchio di fabbrica!

Children Of Bodom

Skeletons In The Closet

(CD, Spinefarm Record)

melodic death metal, power metal

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Children Of Bodom- Skeletons In The ClosetVi è già capitato di sentire una versione di Ooops!…I did it again cantata a squarciagola da una voce graffiante e familiare? No, non è Britney Spears definitivamente posseduta da un’entità sovrannaturale (e neanche in delirio depressivo-alcolico)…no. Trattasi, invece, di Alexi Laiho e compagni che hanno deciso di far uscire, a distanza di un anno dal precedente Blooddrunk, una sperimentazione di sole cover con il nome di Skeletons In The Closet.

Diciassette brani che vanno dal country dei Creedence Clearwater Revival  con Lookin’ Out My Back Door a Bed Of Nails di Alice Cooper fino alla “classica” Rebel Yell by Billy Idol. E, ovviamente, la ear-candy ex-treccioluta Britney.

L’impatto è buono, davvero. Il marchio di fabbrica di questa band che ha fatto del death-power metal la propria ragione di essere non è, di certo, assente. Tutt’altro. Prende vita in ogni singolo pezzo. Li ridisegna facendoli perfettamente propri. Modellandoli esattamente a loro immagine.

Non ci sono dubbi, quindi, sulla completa validità commerciale di questo album. Album, a mio avviso, totalmente pensato per i fan. Anche perché i neofiti del genere non potrebbero trarre alcun vantaggio, in termini di conoscenza di questo tipo di metal, dall’ascolto di questi pezzi. Se non un pretesto per passare un po’ di tempo in allegria e, magari, per avvicinarvisi un po’. Perché divertente lo è sul serio.

E immagino che gli stessi Children Of Bodom si siano divertiti parecchio nel realizzarlo. E poi, francamente, non avrei mai pensato che Alexi Laiho potesse tirare fuori un lato così sfacciatamente da “primadonna”. Che stesse pensando alle vendite? Che stesse sperando in una sua possibile “riabilitazione” dopo l’ispirato ma abbastanza noioso sopracitato album del 2008? Non lo so, fatto sta che il risultato si concentra in sessantasei minuti di ironia. Consigliato? Sì, ma solo a coloro che riusciranno  prendere questo long-playing per quello che è, e cioè né un ritorno in grande stile, tantomeno un lavoro da cestinare. Tutto qui.

Dimenticavo, alla fine dell’ultima canzone (Britney, sì, sempre lei) non spegnete subito il vostro lettore perché c’è una sorpresa che stamperà un bel sorriso sulla faccia di chi il metal del nord lo ama davvero. Garantito.

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