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Intervista agli Extrema

Rockshock ha intervistato per voi gli Extrema, alla vigilia dell’uscita del loro nuovo album, The Seed Of Foolishness. Ci hanno risposto con la schiettezza che li contraddistingue

Rockshock ha intervistato per voi gli Extrema, alla vigilia dell’uscita del loro nuovo album, The Seed Of Foolishness (disponibile dal 7 maggio e di cui dal 3 maggio troverete la recensione qui). I nostri hanno risposto con la schiettezza che li contraddistingue. Ecco le riflessioni di GL Perotti e Tommy Massara, sul loro nuovo lavoro e la scena metal italiana in generale.

 

ROCKSHOCK. E’ un piacere e un onore intervistare gli Extrema per la redazione di Rockshock. Ragazzi, benvenuti.

Tommy & GL. Ciao. Grazie a te di questa intervista

 

RS. Il vostro disco, The Seed Of Foolishness, è veramente bello. Siete caricati a molla ed è un piacere ascoltarvi.

Potete spendere due parole sui temi che in esso affrontate?

GL. Certo. Gli Extrema da sempre nei loro testi hanno cercato di scrivere di argomenti seri e attuali. Da qualche anno a questa parte personalmente ho speso la maggior parte del mio tempo a documentarmi sul fantomatico complotto del NWO. E’ stato automatico e appassionante trasportare tutto a livello lirico, voglio precisare che l’album non è totalmente un concept su quest’argomento, ma i testi sono tutti correlati l’uno con l’altro, anche quelli che non trattano questo specifico argomento.

 

RS. L’album suona compatto e pieno d’idee, mai messe a caso. Quanto tempo avete impiegato per scriverlo?

T. Ho iniziato con la stesura dei primi riff circa due anni e mezzo fa, poi di tanto in tanto tra una data e l’altra ci incontravamo per sviluppare e registrare insieme le proposte sulle quali lavoravo. Mi chiudevo nel nostro studiolo e lavoravo agli arrangiamenti cambiandoli di continuo, per passare allo step successivo…nottate insonni a non finire.  In quest’album non c’è un singolo momento d’improvvisazione: ogni nota, rullata o passaggio è studiato nei minimi dettagli. Siamo molto felici del risultato finale.

 

RS. Durante un’intervista rilasciata a Metallized, un anno fa circa, avevate annunciato che anche J Ax avrebbe avuto una parte nel vostro album. Come mai questa collaborazione non si è concretizzata?

T. Semplicemente perché anche se ci aveva dato l’ok, e personalmente lo stimo molto come artista, abbiamo pensato che le tematiche trattate da noi fossero veramente troppo distanti. Se quando avevamo collaborato in passato c’erano dei punti d’ incontro artisticamente, oggi non ne vediamo più.

GL. Inizialmente proposi Fabri Fibran al che Tommy mi disse subito di no. Poi abbiamo vagliato differenti artisti dell’area Hip-Hop Itaiana, come Caparezza, Salmo e appunto J-ax, …addirittura Vasco Rossi. Ma poi ci siamo resi conto che la nostra musica è troppo distante da quello che esprimono questi artisti.

 

RS. Riferendomi alle dichiarazioni rilasciate da Tommy in passato, spesso si evince una visione lucida e realistica: ai concerti metal ci sono sempre meno paganti, non si può negare che il mercato, già rarefatto in Italia, stia tirando sempre meno. Confermate queste tendenze?

T. Assolutamente sì. Il mercato Italiano è sempre stato un non mercato, e purtroppo la scena è piena di gente che sparla, senza neanche sapere di cosa parla,… ormai ho perso la speranza.

 

RS. Penso che ogni circuito abbia bisogno di un pubblico disposto a spendere (il liscio ha i danzatori della domenica, i gruppi stramboidi hanno gli arci; anche la pizzica pugliese ha trovato il suo canale di diffusione, seppure si tratti di uno spirito e non di dischi).
Il metal trova più bocche che tasche aperte. E’ possibile che i metallari non siano disposti a pagare per la musica che amano?

GL. Hai ragione, ne ho avuto la conferma ultimamente: poco tempo fa ho partecipato come ospite ad un contest metal “Fai Metal con GL” dove si vinceva una produzione discografica per una canzone con me alla voce. Molti metallari si sono subito lamentati del fatto che c’era da sborsare una piccola quota d’iscrizione. Tutto questo via Facebook. Ora mi chiedo: se non sei disposto a investire pochi euro sulla tua musica, come del resto succede in qualsiasi attività -soprattutto all’inizio- , come puoi pretendere di ottenere un minimo di risultato ?

T. Mi viene da aggiungere che in Italia si pensa che basti suonare in una band.

Magari hai anche qualche buona canzone, tutto a un tratto sembra che tutto ti sia dovuto per grazia ricevuta. “Suono e quindi anche se non porto una persona i locali dovrebbero dare lo spazio”… e magari pure pagare l’artista in questione…. Ma scusatemi, la gavetta dov’è? Il fanbase dov’è? Mi ricordo che quando abbiamo iniziato noi prima di fare qualcosa, sono passati degli anni.

Non basta essere bravi: bisogna costruire e farsi il culo. Buttare merda addosso a band che hanno costruito qualcosa con fatica non serve a niente, sicuramente non fa diventare una band più importante.

 

RS. Riguardo al documentario Overload, le ultime parole di Roberto Tiranti nel terzo episodio, le giro a voi come domanda: c’è bisogno di una svolta, quale?

T. Sarebbe intelligente, per il movimento, che al posto di buttare merda addosso a qualsiasi band Italiana che con tanta fatica e sacrificio magari riesce a emergere si cercasse il supporto piuttosto che la negazione.

GL. In primis cercare di cercare di tornare a interessarsi alla musica suonata dal vivo piuttosto che guardarla su Youtube, in quanto l’energia vera e reale si può percepire essendoci fisicamente, secondo condivido pienamente quello che Tommy ha detto prima.

 

RS. Non penso abbiate la soluzione di tutti i mali, ma essendo voi quasi dei “missionari” del genere, avete mai pensato di creare un progetto per sensibilizzare il pubblico sull’argomento, un po’ come hanno fatto alcuni gruppi italiani per la musica originale in genere?

T. Il nostro modo di sensibilizzare è continuare a suonare la nostra musica con la passione e dedizione che ci abbiamo sempre messo, guardando oltre alle critiche e alle infamate che abbiamo letto in rete, leggo che siamo dei paraculati, la differenza nostra e di altre pochissime band è che ci siamo fatti e continuiamo a farci un culo devastante per portare avanti il nostro verbo che è quello del Metal!

GL. Quoto in pieno!!!

 

RS. Leggendo della vostra esperienza in Sicilia del 2010, volevo chiedervi dei circuiti al di fuori delle grandi città. Sotto Bologna, Roma esclusa, è davvero difficile vedere un concerto metal o trovare locali che diano spazio al genere (io ho avuto la fortuna di vedervi live grazie al Rockaway di Henry, dove avete girato anche il video di Another Night, versione acustica). Quante e quali difficoltà trovate nelle regioni sotto la linea gotica?

GL. Ironico è il fatto che noi abbiamo iniziato a fare i primi concerti proprio al sud.Tanti chilometri in furgone, ma anche tanta soddisfazione perché ai tempi i locali erano pieni di metallari entusiasti.

Ritorniamo al discorso di prima, la gente si lamenta sempre ma poi diserta questi eventi quando ci sono, esempio il Sikelian Hell del 2010 appunto.

 

RS. Vedendo anche amici che suonano, superando i trenta, ho notato questo cambiamento: da sogno ribelle, la musica diventa per alcuni una necessità impellente, da portare avanti anche se si continua a lavorare in fabbrica, magari sacrificando ogni ritaglio di tempo. Poco importa se non si diventerà mai una rockstar ricca e acclamata.
In che momento avete capito che, anche se non ci fosse stato un ritorno consistente, quella sarebbe stata la vostra strada?

T. Dipende da cosa intendi per ritorno consistente, suonare è un privilegio, la musica ancora oggi è la prima cosa nella mia vita.

GL. Dal momento in cui assieme a Tommy e ai miei amici abbiamo condiviso gioie e dolori della vita on the road. Tutt’oggi fatico a stare in casa in pantofole, dopo un tot di tempo ho sempre bisogno di tornare su un palco.

 

RS. Ultima domanda, legata ai supporti musicali. Il formato CD è ormai morto; rappresenterà sempre più un accessorio per gli appasionati, com’è successo per il vinile.
Con esso va a scomparire, o comunque a essere messo da parte, anche tutto l’aspetto visivo del supporto: la copertina, i libretti interni, il concetto stesso di artwork legato alla musica.
Come vedete questo fenomeno?

GL. In effetti, quanto mi manca il vinile e tutta quella magia che ne derivava. Perdersi nelle note di copertina era come perdersi nel leggere un libro.

 

RS. Grazie per il vostro tempo e la vostra disponibilità, vi chiedo di chiudere l’intervista spendendo due parole riguardo alle vostre prossime apparizioni live.

T. Inizieremo con qualche piccolo festival estivo, Vans Off the Wall Spring Classic a Varazze e con i Motorhead a Vigevano. Poi speriamo di chiudere tantissime date, pensiamo di avere un album di assoluta qualità che speriamo sia apprezzato e seguito da molte date live.

GL. Ci si vede nel Massacro Collettivo!

 

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Dafne Perticarini
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