E’ tutta colpa della crisi economica. O forse no. Fatto sta che né il Rock in Idrho né l’Heineken Jammin’ Festival avranno un’edizione 2013.
Rock in Idrho ha dovuto anche cancellare parte della sua edizione 2012 a causa di un violento nubifragio abbattutosi su Rho, nella stessa zona fieristica dove era emigrato l’Heineken Jammin’ Festival dopo le felici edizioni di Imola e le flagellate (dal maltempo) versioni veneziane.
Lo spazio di Rho ha dimostrato di mostrare la corda per diverse ragioni: parcheggi a 15 euro (!) e una colata di cemento come pavimentazione a surriscaldare gli animi già bollenti dei rockers.
Per voce dei suoi patron, il Rock in Idrho si è solo preso una pausa, alla ricerca di una nuova formula, magari di più miti pretese, che sia più simile a un festival internazionale e non al concerto di una mega-band con una manciata di supporter più o meno di lusso.
Discorso completamente diverso per il Jammin’: il patron De Luca lascia intendere tra le righe che il futuro della manifestazione potrebbe essere addirittura compromesso. D’altro canto il festival sponsorizzato dalla birra olandese non ha mai brillato per identità, nonostante avesse raccolto sul suo palco il meglio della musica mondiale. La formula di aver un solo palco ai disposizione (seppure con numerose attività collaterali) stona con quello che normalmente si fa nel resto d’Europa, in cui contemporaneamente si svolgono almeno 3/4 concerti e il bill raccoglie in tre giorni più di cento band. Il pubblico italiano ormai è parecchio smaliziato e già da un pezzo ha cominciato a frequentare i festival d’Oltralpe e la differenza è impietosa.
Ciò non toglie, comunque, che la notizia della doppia defezione è lo stesso triste e lancia un bruttissimo segnale a tutto il live music business italiano.
Ad aggravare la situazione, c’è la cronica miopia delle istituzioni, che non si rendono conto (?!) del volume economico (milioni di euro) che un festival “dona” alla città che lo ospita.
Per cui ben vengano rassegne come quelle che occuperanno gli ippodromi di Roma e Milano la prossima estate, con cast stellari degni delle grandi capitali della musica, ma per favore… non chiamateli festival, quelli sono un’altra cosa.
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