Negrita
Alghero, Anfiteatro Maria Pia, 1 Agosto 2009
live report
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Il buon Gino Castaldo, in una serie di monografie mandate in onda su canal Jimmy, mi aveva offerto un’interessante aneddoto: gli Aerosmith, allora live in Italia, erano rimasti senza strumentazione per via di alcuni inconvenienti dovuti al trasporto. Pino Daniele che si doveva esibire in quei giorni, si offrì di prestare loro tutto l’occorrente.
A quanto si dice, quando i roadies della famosa band di Boston salirono sul palco per le regolazioni di routine, gli artisti italiani che dovevano partecipare a quel festival rimasero spiazzati, dato che bastavano loro per mangiarsi letteralmente tutti i musicisti nostrani in cartellone.
Bene, certe cose si sanno. Noi spaghettari con le chitarre in mano? Ma no! Ti vuoi mettere con uno nato a Chicago o Nashville? Manco per sbaglio. Lì entri in un pub e ti trovi Brant Mason con la sua tele o i Black Crowes che macinano cavalcate sudiste come se da bambini avessero poppato latte corretto.
Da quelle parti ai neonati invece del sonaglio gli si da un’armonica (se il suddetto strumento è in Re ancora meglio).
Nonostante questa trita premessa, penso che se quel giorno in cartellone con Steven Tyler e soci ci fossero stati anche i nostri Negrita, tralasciano la band principale, non solo i roadies non avrebbero insegnato loro nulla che già non sapessero, ma forse avrebbero preso anche qualche appunto.
Sono ormai passati i tempi in cui i toscani si dimenavano su riff di puro rock/blues/valvolare e polveroso, i tempi in cui si tornava a casa dopo i loro concerti con le spalle ammaccate e gli occhi lucidi.
Ma i nostri avevano già messo da parte quel sound dall’uscita di Radio Zombie, dirigendosi verso una new wave imbastardita, ma di forte impatto, per poi cambiare nuovamente direzione e navigare verso caldi lidi latini.
Tristezza? Un po’ sì, ma le persone normalmente crescono e si evolvono, i Negrita stanno semplicemente ricercando il suono che in questo periodo gli rispecchia meglio. Nei live Angelo Ribelle tuona ancora in maniera rudemente blues (e dalle loro vene il blues non è mai uscito), Pau rispolvera puntualmente la sua armonica su Ho imparato a sognare e le chitarre sono sempre in primo piano.
Anche i pezzi nuovi, che ascoltati sul disco suonano (soprattutto per i fan della prima ora) imballati in una sorta di patina produttiva fin troppo lucida, nei live risplendono e camminano con la consueta marcia giusta.
Ed ora veniamo a noi, il concerto: un pubblico visibilmente eccitato e una band caricata da un’infinità di esibizioni e da una passione per il proprio lavoro, che sembra ancora lontana dall’aridirsi. Bastano questi due ingredienti per lasciare un segno indelebile nella memoria e trasformare “un buon concerto” in una serata da ricordare negli anni a venire.
Scenografia ridotta all’osso, ma funzionale al sound della band: un semplice telone graffitato dal vago aspetto sud americano che campeggia alla spalle. La formazione oltre agli storici: Pau alla voce, Drigo chitarra solista, Cesare seconda chitarra (anche se il termine seconda chitarra suona sempre riduttivo) e Franky al basso, vede l’ex Exstrema Cristiano Dalla Pellegrina alla batteria, Itaiata De Sa alle percussioni più alcuni interventi del dj Johniel Type
La scaletta della serata è un continuo salto tra passato e presente, ma grazie all’energia e alla carica sul palco, non si è quasi avvertita la differenza tra i vecchi pezzi e quelli più nuovi. Gli stessi Negrita, alle volte sembrano sorpresi nel notare come il pubblico richieda a gran voce Sex o Lontani dal Mondo.
Dopo un’ apertura lasciata alle nuove Radio Conga e Notte Mediterranea. si passa subito a Transalcolico, tra spruzzi dell’isolana birra ichnusa e una folla scatenata. Il concerto continua carico come se fosse la chiusura di un Tour giocata in casa e non una semplice data provinciale: Bambole, la politicizzata Ballo Decadente, Il Libro in una Mano la Bomba nell’altra e la toccante Hemingway.
La tripletta Non ci guarderemo indietro mai, Angelo Ribelle (una delle mie favorite) e Cambio mandano la folla in estasi, ma su Ho Imparato a Sognare le atmosfere si placano, mentre la platea canta il brano ad una sola voce con Pau.
La prima parte dello spettacolo si chiude con la suddista A Modo Mio.
Si riaprono le danze coi bis: Magnolia e Sex. Arriva il momnento magico del chitarrista Drigo con In Ogni Atomo e Mama Maè, infine Gioia Infinita a chiudere lo spettacolo.
Non mi dilungo su particolari tecnici, quelli li lascio ai nerd dediti al set up, ma la strumentazione di Drigo e Cesare è veramente interessante, un esempio di due musicisti che amano scolpire la loro musica, forse alla continua ricerca del fatidico “suono perfetto” ( l’interessamento del sito accordo.it non è un caso).
Note stonate? Non proprio, ma la precedente data cagliaritana pare sia stata superiore sia come carica che come risposta del pubblico, a fine serata Drigo ha confessato che si è trattato soprattutto di un “fattore campo”: ovvero la location dell’anfiteatro romano ha garantito un resa sonora decisamente superiore dello statico anfiteatro Maria Pia, soprattutto per l’onda sonora che si infrangeva contro le antiche pareti di roccia e tornava dritta sul palco come un boomerang … con sincere ondate di adrenalina della band in risposta.
Una serata intensa in compagnia di una band che merita il recente successo, dopo una lunga gavetta passata ingiustamente dietro le quinte.
Grazie Negrita, al prossimo tour.
Scaletta:
Radio Conga
Notte Mediterranea
Transalcolico
Che Rumore Fa La Felicità
Bambole
Sale
Ballo Decadente
Il Libro in Una Mano. La Bomba Nell’ Altra
Hemingway
Non Ci Guarderemo Indietro Mai
Angelo Ribelle
Cambio
Ho Imparato a Sognare
Ho Imparato a Sognare
Rotolando Verso Sud
Soy Taranta
Ululallaluna
Salvation
A Modo Mio
Magnolia
Sex
In Ogni Atomo
Mama Maè
Gioia Infinita.
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