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Jeremy Jay: Slow Dance

Jeremy Jay, giovane artista polistrumentista proveniente da Los Angeles, è il prototipo del vintage style: si presenta con Slow Dance, album beat-pop minimale di profonda ispirazione anni ’70,

Jeremy Jay

Slow Dance

(Cd, K Records)

pop, indie

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Jeremy-Jay-Slow-DanceNon c’è molto di nuovo da scoprire nel lavoro di questo giovane songwriter proveniente da Los Angeles, decisamente influenzato dal pop anni ’70.

In this lonely town, la traccia più interessante dell’album, presenta un ritmo deciso e costante, nella voce si sente una forte ispirazione a David Bowie, ma ciò che Jeremy Jay desidera esprimere è beat e movimento… ed è proprio il ritornello a comunicarci ulteriormente la volontà del songwriter: “Yeah… play that beat!”.

L’artista sembra puntare tutto sull’immagine decisamente stilosa e sul genere beat-pop minimale e ripetitivo, ma mai passato: il ritorno al vintage sembra essere una strategia di successo nel ventunesimo secolo.

I 30 minuti dell’album scorrono velocemente e le dieci tracce risultano comunque godibili, di buon intrattenimento, sebbene strumentalmente neutre: basta ascoltare i synth analogici un po’ freddi e le chitarre ritmiche senza molte alternative di tonalità, ma l’aspetto strumentale non è importante in questo contesto. La struttura dei brani risulta semplice, senza molte variazioni di tema.

In conclusione, le melodie di Slow Dance sono semplici, molto spesso ripetitive, ma comunque gradevoli, che invitano a seguire un ritmo malinconico, senza troppa veemenza, ma anzi con estrema calma e spensieratezza.

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Thomas Cateni
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