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Alessandro Bottura: Morning Grooves

Esordio autoprodotto per il giovane bassista modenese. Evocativo e poliedrico, Morning Grooves suona decisamente fusion ma è dall’ascolto delle sfumature che il meglio viene fuori

Alessandro Bottura

Morning Grooves

(Cd, Autoproduzione)

jazz, fusion

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Alessandro-Bottura-Morning-GroovesTogliamoci subito il dente: pur nella sua riconosciuta e variopinta eterogeneità, alla lunga l’ascolto di Morning Grooves risulta troppo appiattito all’interno di un solco electro fusion privo reali di sussulti emozionali. Nonostante questa spiacevole sensazione, però, ci sentiamo di giudicare positivamente questa prima fatica di Alessandro Bottura, venticinquenne polistrumentista modenese, laureato in musica al DAMS di Bologna nel 2007 e ad essa interessato fin da piccolo, avendo studiato per ben 5 anni pianoforte, essendo poi passato alla chitarra e alla batteria, per approdare, infine, nel 2000 al basso elettrico, rigorosamente da autodidatta.

Esordio positivo dicevamo, perché la tecnica, la bravura e l’esuberanza del giovane bassista emiliano, diluite lungo le nove tracce dell’album, risultano in grado di ravvivare con variopinte e leggere sfumature di colore e lucentezza un insieme sonoro che, come dicevamo in apertura, risulta altrimenti piuttosto monocromo.

Ed è così che, dopo l’avvio funk e danzereccio di Out Of Sight e Mind, Passion & Instinct, della caraibica Quetzalcoatl nonché della rockeggiante Deaf Kids’ Disco, la dolcezza di Sweet Tears giunge a portare un soffio di pace e tranquillità, seguita a ruota da(lle) Stern Memories, un’ammiccante strizzatina d’occhio al jazz condita da pulsioni electro.

Quasi cinquanta minuti di musica, magari da somministrare a piccole dosi, per far emergere ed apprezzare pienamente le intuizioni e le capacità di un musicista che, a soli venticinque anni, ha ancora tutto il tempo per ritagliarsi un futuro da protagonista nel circo Barnum del mercato discografico.

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Ivan Masciovecchio
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