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Obituary: Darkest Day

Una vera e propria istituzione in ambito death, da anni spalla a spalla con gente del calibro di Morbid Angel, Cannibal Corpse e Deicide... Qualche anno di troppo ai box ed un ritorno non proprio esaltante, Darkest Day purtroppo non si sottrae alle ultime tendenze

Obituary

Darkest Day

(Cd, Candlelight Records)

death metal

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obituary_darkestdayE siamo all’ottavo full-lenght per gli Obituary vera e propria istituzione nell’ambito del death metal floridiano, padri putativi del genere insieme a Death e Morbid Angel.

Tornati da quattro anni a questa parte sulle scene dopo uno stand-by di ben sette primavere, la band di John Tardy e soci non è mai tornata sui livelli di quelli che furono i fasti a cavallo tra fine anni ottanta e primi novanta.

Darkest Day non sembra sottrarsi a quella che è l’attuale realtà dei nostri che, ricostituiti nella line-up ‘quasi originale’ con l’aggiunta di un mostro sacro del calibro di Ralph Santolla (già con Deicide, Death, Iced Earth e Sebastian Bach tra gli altri), non riescono a rinverdire il glorioso passato; elemento questo piuttosto fastidioso specie se si considera che al contempo i conterranei Morbid Angel continuano a fare faville.

Entrando nel merito del disco in oggetto, precisiamo subito che non si tratta dopotutto di un lavoro interamente da buttare. Sicuramente superiore all’indegno predecessore, paga troppo lo scotto con quello che è il nome della band e soprattutto con quello che poteva essere ma non è stato.

Eh sì, perchè all’ascolto dei primi due brani List of Dead e soprattutto la più varia Blood to Give sembrava quasi che gli statunitensi avessero finalmente azzeccato la strada da seguire, all’insegna di un death sicuramente più moderno e svecchiato ma che, non per questo, dimentica la tradizione di famiglia.

Buoni propositi che purtroppo però svaniscono nel prosieguo dell’ascolto, tanto che le idee sembrano quasi sparate tutte all’inizio senza che qualcosa di più vario e realmente interessante riesca ad emergere dal resto delle composizioni.

E non basta l’estro chitarristico di Santolla per fare qualche passo in più in avanti, anzi in alcuni casi il suo chitarrismo sembra risultare quasi invadente e finalizzato in tutti i modi alla ricerca dell’assolo.

Un lavoro interlocutorio insomma, che non porta alla luce nulla di nuovo ma che non va comunque snobbato. Allo stato attuale gli Obituary sembrano essere questi e come tali vanno accettati, nulla di che ma sicuramente ancora degnamente paragonabili alle new entry nell’ambito estremo.

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Luca Di Simone
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